Il giudice reintregra un operaio licenziato

L'interruzione del rapporto di lavoro dopo un litigio con un collega più anziano
ATESSA. Sevel condannata, disposta la reintegra nel posto di lavoro di V.G., giovane operaio di Castel Frentano, licenziato nel febbraio del 2008 dopo un litigio con un collega di lavoro. La sentenza è stata emessa da Flavia Grilli, giudice del Lavoro del tribunale di Lanciano.
L'operaio è stato difeso dagli avvocati Nicola Sisti e Paolo Sisti. Licenziamento illegittimo, dunque, da parte della Sevel che, oltre al reintegro immediato nel posto di lavoro, è stata condannata a corrispondere al giovane le retribuzioni arretrate e le spese processuali. V.G. viveva in uno stillicidio giornaliero da parte del collega più anziano: insulti, improperi, soprusi e prevaricazioni.
Il lavoro fianco a fianco, spesso all'interno dello stesso furgone e anche durante le pause, era sempre più insopportabile per il giovane di Castel Frentano che spesso era appellato sempre dal collega più anziano (come hanno attestato i testimoni) "Interinale di merda" e altri epiteti simili. E lo stato d'interinale, di precarietà lavorativa, portava ad assorbire le offese e sperare che le cose potessero cambiare.
Ma nulla cambiò, neanche dopo l'assunzione. V.G. si rivolge all'azienda e chiede il cambio di turno o di unità operativa per evitare contatti con quel collega che, con il suo modo di fare, diventava sempre più un'ossessione. Nulla cambia! Si arriva al 31 gennaio del 2008 quando, dopo l'ennesima provocazione, V.G. reagisce e litiga con quel collega anziano che era diventato il suo tormento.
Per l'esito del dibattimento importanti sono state le testimonianze fornite dai colleghi di lavoro che hanno accertato sia le offese gratuite sia il disagio psicologico dell'operaio che ha sempre considerato il licenziamento non proporzionale alla gravità del fatto addebitato. La sentenza gli ha dato ragione.
L'operaio è stato difeso dagli avvocati Nicola Sisti e Paolo Sisti. Licenziamento illegittimo, dunque, da parte della Sevel che, oltre al reintegro immediato nel posto di lavoro, è stata condannata a corrispondere al giovane le retribuzioni arretrate e le spese processuali. V.G. viveva in uno stillicidio giornaliero da parte del collega più anziano: insulti, improperi, soprusi e prevaricazioni.
Il lavoro fianco a fianco, spesso all'interno dello stesso furgone e anche durante le pause, era sempre più insopportabile per il giovane di Castel Frentano che spesso era appellato sempre dal collega più anziano (come hanno attestato i testimoni) "Interinale di merda" e altri epiteti simili. E lo stato d'interinale, di precarietà lavorativa, portava ad assorbire le offese e sperare che le cose potessero cambiare.
Ma nulla cambiò, neanche dopo l'assunzione. V.G. si rivolge all'azienda e chiede il cambio di turno o di unità operativa per evitare contatti con quel collega che, con il suo modo di fare, diventava sempre più un'ossessione. Nulla cambia! Si arriva al 31 gennaio del 2008 quando, dopo l'ennesima provocazione, V.G. reagisce e litiga con quel collega anziano che era diventato il suo tormento.
Per l'esito del dibattimento importanti sono state le testimonianze fornite dai colleghi di lavoro che hanno accertato sia le offese gratuite sia il disagio psicologico dell'operaio che ha sempre considerato il licenziamento non proporzionale alla gravità del fatto addebitato. La sentenza gli ha dato ragione.
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