Imbavagliata e soffocata Scontro sul processo

La procura: «Giudizio immediato in Assise». La difesa punta sul rito abbreviato Archiviata l’accusa per il fratello della vittima: alla sbarra solo l’arrestato
VASTO. Omicidio di Michela Strever: la Procura di Vasto ha chiesto il giudizio immediato per Hamid Maathaoui, 36 anni. Il marocchino, che ha confessato di aver aggredito e derubato la mattina del 19 dicembre 2012 Michela Strever, 68 anni, è accusato di omicidio aggravato e rapina. L’indagato ha cercato di convincere i magistrati di essere fuggito lasciando la donna ancora viva, ma non ha convinto il sostituto procuratore Giancarlo Ciani. Il processo comincerà il 16 ottobre davanti ai giudici della Corte d’assise di Lanciano. Il difensore di Maathaoui, l’avvocato Nicola Artese, ha richiesto tuttavia il giudizio abbreviato. Il rito consentirà all’imputato di essere giudicato dal Gup di Vasto. Contestualmente al giudizio di Maathaoui è arrivata l’archiviazione per Antonio Strever, il fratello della vittima che la mattina dell’omicidio scoprì il cadavere della pensionata. Il suo legale, l’avvocato Arnaldo Tascione, ha preferito non commentare la notizia ma non è riuscito a nascondere la soddisfazione.
Le fasi dell’omicidio. Michela Strever viene ritrovata dal fratello Antonio la mattina del 19 dicembre alle 8,30 legata e imbavagliata al letto. I lividi e le ferite raccontano una brutale aggressione. Dalla casa della donna mancano 60 euro e un cellulare. Come atto dovuto la Procura indaga Antonio Strever. Il giallo dell’omicidio viene risolto dal pubblico ministero Ciani il 28 febbraio 2013 con l’arresto di Maathoui Hamid, factotum della pensionata. I carabinieri arrivano all’uomo che si era rifugiato a Barletta, grazie a un’agenda sulla quale la vittima aveva annotato il nome del marocchino. La Strever affidava al trentaseienne molte incombenze. Hamid tenta di negare ma dopo la prova del campione salivare ammette il delitto. Il 15 aprile la vicenda si arricchisce di un nuovo colpo di scena. Hamid racconta ai magistrati e all’avvocato Artese di aver derubato e aggredito Michela Strever alle 4,30 del mattino ma di averla lasciata viva e soprattutto slegata. Il fratello della vittima si infuria, la Procura tace e attende i risultati del Ris e del medico legale.
Perizie e conclusioni. Sui fazzoletti che hanno soffocato Michela Strever viene trovato il Dna di Maathaoui. L’anziana secondo il medico legale è morta alle 5 del mattino. Il fratello Antonio scoprì il cadavere alle 8,30, quasi tre ore dopo la sua morte. Questi e altri particolari hanno convinto il Pm Giancarlo Ciani dell’innocenza di Antonio Strever. Per l’uomo è la fine di un incubo durato 5 mesi. Per Hamid Maahthaoui si profila all’orizzonte una durissima condanna. L’uomo rischia l’ergastolo. La Procura ha chiesto il rito immediato. «Chiederò per il mio assistito il rito abbreviato», dice l’avvocato Nicola Artese il cui compito si presenta estremamente delicato. Sono ancora molti i particolari dell’inchiesta, a cominciare dal movente dell’omicidio, che la magistratura ha preferito non rivelare. Probabilmente saranno chiariti durante il processo.
Paola Calvano
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