Immigrati regolari presto un delegato nell’aula consiliare

In città le etnie sono 67, al primo posto c’è quella romena «I lancianesi aperti al dialogo con noi e generosi»

LANCIANO. Sono quasi 1.400 persone, il 4% della popolazione totale, e vogliono contare di più nella vita politica e amministrativa della città. Nasce così la Consulta immigrazione (in realtà riattivata dopo anni di inoperosità), subito ribattezzata Consulta intercultura, per dare una voce a bisogni ed esigenze e diffondere cultura e tradizioni della comunità straniera presente a Lanciano.

Una presenza con una forte tendenza all’incremento, come dimostrano i dati sui cittadini stranieri regolari. Sessantasette sono le etnie presenti, le più rappresentative quella romena e albanese. «Abbiamo riattivato quello che consideriamo uno strumento di democrazia e partecipazione sul territorio», spiega l’assessore alle politiche sociali, Dora Bendotti, «sottolineando l’aspetto culturale dell’iniziativa, perché gli stranieri sono soprattutto portatori di culture diverse. Altro aspetto importante è che la consulta eleggerà il consigliere comunale aggiunto, che avrà diritto di parola, non di voto, in consiglio comunale. È una figura che sarà regolamentata a breve nello statuto comunale. Lanciano sarà la prima città in provincia a sperimentarla».

La Consulta intercultura, a costo zero, è stata attivata in collaborazione con l’associazione “Progetto vita”, che gestisce il Centro d’ascolto e di solidarietà, e lo sportello antiviolenza “Non tacere”. Sono 15 i componenti, in rappresentanza delle etnie più diffuse: oltre la romena e l’albanese, quella cinese, senegalese, bulgara, dominicana, polacca, ucraina. E loro, i cittadini stranieri, in città vivono bene e si sentono accettati.

«L’apertura dei lancianesi è maggiore di altri posti», dice Cristian Coiculescu, 42 anni, metalmeccanico romeno che ha girato un po’ l’Italia per lavoro, «sono educati, umani, generosi. A noi stranieri piace lavorare e questo è un valore per la città che ci ospita. Bisogna vivere prima di tutto con onestà e dignità». Mihaela Gorovei, 34 anni, romena da sette a Lanciano, faceva la pizzaiola ma ha perso il posto: «Ora faccio lavori sociali. Mi trovo bene qui, mi sono dovuta adattare anche al dialetto», scherza, «ma se non rispetti, giustamente non sei rispettato. Questo è normale. Spero che lancianesi e immigrati si vengano incontro l’un l’altro». Mercedes Cabrera Martinez a Santo Domingo faceva l’infermiera, qui si è adattata a lavorare con gli anziani. «Poi muoiono e ti ritrovi senza lavoro», dice, «però aspetto ancora qualcosa di buono, Dio mi aiuterà».

Un’altra storia è quella di Diah Abdulay, senegalese, in Italia da 15 anni per lavorare con la Fiat e da 4 a Lanciano. «Sarebbe bello se, con l’aiuto del Comune, potessimo creare delle cooperative», dice, «per costruirci il lavoro senza dipendere dagli altri». «Siamo soddisfatti di questa iniziativa che tiene conto del valore aggiunto che gli immigrati portano alla città», dice Terence Oyemnense, nigeriano, sindacalista e portavoce della comunità straniera. «È l’occasione di vedere le cose da prospettive diverse», conclude il vicesindaco e l’assessore alla cultura, Pino Valente, «la città può fare grandi passi avanti. In più la conoscenza permette di superare le paure insite quando si ha a che fare con persone che sembrano diverse da noi. In fondo, le storie e i problemi sono gli stessi».

Stefania Sorge

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