Inguaiati anche dalle intercettazioni

20 Dicembre 2021

Le carte svelano i contatti: «Le attività erano frenetiche, così eludevano i controlli»

CHIETI. Era «frenetica» l’attività portata avanti dalla banda che riciclava i soldi del maxi traffico illecito di rifiuti scoperto da carabinieri e finanza. Gli importi dei prelievi erano limitati, ovvero inferiori ai mille euro, «in modo da eludere la soglia del controllo antiriciclaggio». Un’intercettazione ambientale dà l’idea della frequenza con la quale gli indagati prelevavano il denaro.
Uno di loro, Massimo Grossi, in auto insieme al complice Giancarlo Potente, dice che negli ultimi quattro mesi ha percorso ben 38mila chilometri. «È una media da commesso viaggiatore», scrive il pm Giuseppe Falasca. Qualche altro esempio? Il 26 marzo del 2019 un altro indagato, Filippo De Marco, accompagnato anche lui da Potente, ha raggiunto ben 18 uffici postali. «Sempre tramite intercettazioni era possibile cogliere la conversazione tra Giancarlo Potente e il figlio Alessandro: il padre si vantava dicendogli che, qualora fosse stato remunerato in modo più gratificante, sarebbe stato in grado di recuperare anche 50mila euro al giorno».
Gli indagati sono difesi dagli avvocati Marco Femminella, Corradino Marinelli, Isidoro Malandra, Maurizio Russi, Emanuele Iezzi, Giuseppe Pantaleone, Fabrizio Acrozio, Marco Pierdonati, Adelmo Helmut Bartolini, Gennaro Cozzolino, Roberto D’Urbano, Roberto Pedamonti, Gennaro Lettieri, Domenico Di Sabatino, Augusto La Morgia e Nicola Mazzacuva. (g.let.)