Il reparto di cardiochirurgia a Chieti

SCANDALO CARDIOCHIRURGIA

L'inchiesta sul primario: "Ha tentato di condizionare i giudici»

Le carte svelano un blitz di Di Giammarco per incontrarsi con il collaboratore di una parlamentare a Roma dopo la sospensione da prof. E un intermediario lo avrebbe rassicurato: "Il nostro contatto è defilato ma può muovere le montagne"

CHIETI. Il professor Gabriele Di Giammarco ha tentato di condizionare i giudici della Cassazione: voleva interferire sull’esito del ricorso da lui presentato contro l’interdizione da docente universitario.

Il professore Gabriele Di Giammarco

A sostenerlo è il gip Luca De Ninis nell’ordinanza che dispone gli arresti per Di Giammarco, ormai ex primario della Clinica cardiochirurgica dell’ospedale di Chieti, gli imprenditori Maurizio Mosca e Antonio Pellecchia e l’agente di commercio Andrea Mancini, tutti ai domiciliari dall’alba di martedì dopo l’inchiesta della guardia di finanza, coordinata dal pm Giancarlo Ciani, che ha svelato un sistema di corruzione che andava avanti da 8 anni con regali e viaggi in cambio di ricche forniture di dispositivi sanitari.

L'imprenditore Maurizio Mosca
Di Giammarco, in realtà, è già nella bufera dallo scorso agosto, con le accuse di truffa e falso, quando era stato sospeso dalla cattedra universitaria dopo aver attestato molte più lezioni rispetto a quelle effettivamente tenute. La vicenda dell’interdizione, misura confermata anche dal Riesame, era arrivata davanti alla Cassazione. E Di Giammarco, scrive il gip De Ninis, ha avviato una frenetica attività nel «tentativo di condizionamento» anche dei giudici della Suprema corte. L’episodio è oggetto di un altro fascicolo, ma viene svelato dalle carte dell’inchiesta sulla corruzione nel reparto di Cardiochirurgia.

L'imprenditore Antonio Pellecchia

È il 9 settembre quando Di Giammarco organizza un incontro a Roma, per il tramite di un medico lancianese, con il capo ufficio stampa e della segreteria di una deputata. Le conversazioni intercettate dai finanzieri del colonnello Serafino Fiore «evidenziano la dichiarata finalità» del primario e del suo collega di «interferire nella decisione della quinta sezione della Cassazione, alla quale è stato assegnato il ricorso di Di Giammarco contro l’ordinanza che lo ha interdetto dall’attività di docente universitario». L’esito dell’incontro, monitorato dagli investigatori anche attraverso le microspie piazzate nella macchina di Di Giammarco, «conferma pienamente l’ipotesi del tentativo di condizionamento del ricorso e l’effettiva esistenza del referente romano» del medico lancianese. «Infatti, durante il concordato viaggio per Roma, quest’ultimo, dopo essere salito sull’auto di Di Giammarco, concorda l’appuntamento con il suo referente in piazza Mazzini utilizzando un’ulteriore utenza non monitorata».

Il rappresentante Andrea Mancini

Il capo ufficio stampa della deputata viene definito dall’interlocutore del cardiochirurgo come «“colui che gestisce i voti cattolici a livello, diciamo, nazionale”: evidentemente si tratta della stessa persona già suggerita a Di Giammarco come utile intermediario per avvicinare il collegio giudicante, indicato come persona con un ruolo defilato ma capace di smuovere montagne». Fatto sta che l’incontro con il referente romano avviene in piazza Mazzini intorno alle 13.10 e prosegue negli spazi esterni a un bar fino alle 14.20. Non è stato possibile captare il colloquio, «ma il suo oggetto è reso evidente dalle conversazioni tra Di Giammarco e il suo collega, precedenti e successive all’incontro».
Non solo: la consapevolezza del medico lancianese «di dover agire in maniera occulta, dichiarata e per così dire quasi ostentata, è confermata dal passaggio della successiva conversazione in auto nel quale preannuncia a Di Giammarco che “se si dovesse prolungare la cosa le procurerò una scheda… professo’… e lei si procurerà un telefono di seconda mano”, con evidente riferimento all’opportunità di eludere eventuali attività di indagine tecnica sulle loro conversazioni».
Dopo l’incontro con il capo ufficio stampa, parlando della data da fissare per la trattazione del ricorso, il dottore frentano si accredita così: «Se riuscissi però a dare una specie di urgenza… dipende dal consigliere istruttore che io conosco». Poi, scrive il gip, passa «a fantasticare sulle conseguenze reddituali dell’eventuale buon esito della vicenda: “Già così le hanno fatto un danno notevole, dopodiché si dovrà scegliere l’elicottero, una nuova macchina o l’imbarcazione… anche se io un motoscafo Diva… eh? Non le piace? Motori Rolls Royce! Lago di Como, una villetta palladiana… tanto per… con diporto privato e motoscafo”».
Di Giammarco, assistito dagli avvocati Augusto La Morgia e Leo Brocchi, verrà interrogato in tribunale lunedì mattina.
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