Lanciano

Matteo morto in fabbrica a 34 anni: omicidio colposo per i due tecnici

21 Ottobre 2025

L’incidente a Mozzagrogna in cui perse la vita Matteo Finocchio. I due tecnici sono accusati di non aver rispettato le norme di sicurezza sull’impianto nella Carpenteria Pugliese. Ma il loro avvocato chiede nuove indagini: la tubatura esplose a causa del peso del giovane operaio

LANCIANO. Mattia Finocchio, di Tornareccio morì nel 2023 a 34 anni dopo l’incidente sul lavoro. Uno dei tanti, troppi incidenti che falcidiano l’Abruzzo, settima regione per tasso di incidenza di infortuni mortali, con picchi particolarmente gravi nelle province di Chieti (maglia nera in Abruzzo) e Teramo (dati dell’osservatorio Sicurezza sul lavoro e ambiente Vega Engineering). Una morte che ha portato e porta un carico di dolore enorme, una ferita che non si rimargina nella famiglia che ha trovato anche la forza, il 29 agosto 2023, quando Mattia morì nell’ospedale di Pescara, di donare i suoi organi.

Una ferita che si riapre ora con la parte penale, il processo legato alla morte del 34enne che dopo aver concluso un intervento di cablaggio elettrico all'interno dell'azienda Carpenteria Metallica Pugliese, fu colpito alla testa da una barra di ferro che si staccò a seguito dello scoppio di un tubo dell’aria di un compressore.

Ieri dinanzi al giudice per le udienze preliminari Giovanni Nappi c’è stata la costituzione di parte civile della mamma di Mattia rappresentata dall’avvocata Alessandra Cappa e la chiamata in causa dell’assicurazione dei due imputati, N.T. 77 anni e S.T., 46, di Atessa - rispettivamente titolare dell’azienda che aveva montato l'impianto di aria compressa nella Carpenteria Pugliese e ingegnere progettista, installatore dello stesso impianto - rappresentati dall’avvocato Alfonso Ucci.

Per la Procura i due rispondono di omicidio colposo, legato in particolare al mancato rispetto delle norme di sicurezza. S.T. è accusato di non aver eseguito il collaudo finale dell’impianto di aria compressa montato nel capannone, operazione che avrebbe consentito di verificare anche anomalie delle giunzioni. Aveva eseguito la prova in pressione, ma con valori inferiori a quelli necessari per collaudare la tenuta delle giunzioni. Inoltre la pressione di collaudo l’avrebbe monitorata con manometri privi dei relativi certificati di taratura. N.T., stando sempre alle accuse, redigeva il 23 agosto 2023 l’atto di conformità dell’impianto, ma senza la verifica finale. Mattia Finocchio, dopo i lavori di cablaggio all’impianto spento, l’avrebbe riacceso e all’improvviso fu colpito alla testa, da una porzione di tubo lunga 92 cm, fuoriuscito dalla sede per il cedimento strutturale del raccordo, causato da una o più oscillazioni di pressione, «da una crimpatura della giunzione non eseguita a regola d'arte», riportando un grave trauma cranico che poi l’ha portato alla morte 4 giorni dopo.

Ma per l’avvocato Ucci, sulla base dell’analisi di un proprio perito, ci sarebbero diverse anomalie nelle ricostruzione della Procura, tanto da chiedere nuove indagini. Sostiene che il cedimento del raccordo c’è stato a causa del peso dell’operaio che avrebbe lavorato con un piede sul serbatoio e uno sulla tubazione, poi esplosa; poi l'impianto sarebbe stato riacceso senza alcuna autorizzazione e senza la presenza del personale qualificato. E i due operai, Finocchio ed un collega, non indossavano gli obbligatori dispositivi di sicurezza, neanche il casco.

Sarà il giudice Nappi ad analizzare i documenti e a pronunciarsi sul rinvio a giudizio o meno dei due imputati nell’udienza del prossimo 19 gennaio 2026.