Ortona

Morte di Lorena, svolta nell’inchiesta. Il medico legale: «Si è suicidata». La sorella: «Non è vero»

3 Luglio 2025

Il giallo di Ortona. Dal solco discontinuo sul collo all’assenza di segni di difesa: in 200 pagine le conclusioni del prof nominato dalla procura. Ma la sorella della 53enne non crede al gesto volontario. E la criminologa Bruzzone sarà consulente di parte

ORTONA. Non è stato un femminicidio, ma un gesto disperato, un addio alla vita. Il responso medico-legale dissipa i misteri intorno alla fine di Lorena Paolini e consegna, di fatto, al marito della donna il pass per ottenere dalla procura di Chieti l’azzeramento dell’accusa di omicidio volontario. A meno di un anno dalla morte della 53enne di Ortona, trovata senza vita nella casa in cui viveva con il coniuge Andrea Cieri e le due figlie, l’inchiesta vira decisamente verso il traguardo dell’archiviazione. Non è stato un omicidio, recita il primo sigillo apposto sul fascicolo, anche se l’oggetto (una corda, un cavo?) che sarebbe stato usato da Lorena per uccidersi non è mai saltato fuori. Suicidio, dunque. Ma per Silvana Paolini, sorella della vittima, c’è una verità che attende di essere messa nero su bianco, distante anni luce dall’atto estremo: «Lorena non si è ammazzata, non l’avrebbe mai fatto».

RELAZIONE MEDICO-LEGALE «In definitiva», scrive il medico legale Cristian D’Ovidio, consulente del pubblico ministero Giuseppe Falasca, «elementi circostanziali, comparati a quelli ispettivo-autoptici, istologici, tossicologici e di ordine bibliografico, consentono di far propendere scientificamente per la natura suicidaria dell’asfissia meccanica violenta che ha portato al decesso di Paolini». Nei giorni scorsi D’Ovidio ha depositato la sua consulenza: circa 200 pagine in cui il docente dell’università d’Annunzio spiega perché, in base alle sue valutazioni, va scartata l’ipotesi del delitto. Tra i motivi, ci sono l’assenza di segni da difesa sul corpo della donna e quel solco discontinuo sul collo ritenuto «atipico» rispetto a una tesi omicidiaria. Ma Silvana Paolini non crede assolutamente al suicidio: «Lorena io la vedevo tutti i pomeriggi», ha ribadito a più riprese la sorella della vittima, «ridevamo, scherzavamo. Era una persona vitale, una donna forte, con un bel carattere. Di sicuro, non era depressa. Pensava sempre alle figlie».

L’ALTRA RELAZIONE Anche i carabinieri del Reparto investigazioni scientifiche (Ris) di Roma hanno presentato la loro relazione conclusiva, incentrata principalmente sul sopralluogo dello scorso gennaio all’interno dell’abitazione della tragedia. In quell’occasione, è stata fatta una simulazione con un manichino dello stesso peso e della stessa altezza di Lorena. L’ispezione è stata finalizzata ad accertare se fosse verosimile l’ultima versione fornita dall’indagato, dalla figlia minorenne (presente nell’appartamento al momento del ritrovamento del corpo) e dal fratello Giuseppe (nonché cognato della 53enne). «Lorena si è suicidata impiccandosi al lampadario dello sgabuzzino», hanno dichiarato i tre, davanti agli investigatori, dando un racconto completamente diverso dai precedenti. «Io ho fatto sparire la corda di nylon che Lorena ha usato per uccidersi», ha aggiunto Giuseppe Cieri. E infatti, per la prova del manichino di cui sopra, i carabinieri hanno usato un campione di una corda verosimilmente dello stesso tipo di quella che avrebbe impiegato la donna. Ma, secondo l’ultima relazione del Ris, «l’accertamento tecnico condotto è da considerarsi inconclusivo, in quanto gli esiti non supportano né l’ipotesi suicidaria né quella alternativa. Tale conclusione è da ritenersi strettamente correlata alla tipologia di reperto in esame, in quanto le cime nautiche vengono prodotte mediante l’impiego di materiali e tecniche realizzative tali da garantire un’elevatissima resistenza all’attrito e alla trazione». E ancora: «La presenza di fibre di natura diversa rispetto a quelle costituenti la cima in esame sia sugli adesivi utilizzati per i prelievi dal lampadario che sul tampone relativo ai prelievi condotti sul collo della vittima non consente di escludere l’impiego di un diverso mezzo sia nella dinamica suicidaria che in quella alternativa».

I MESSAGGI È stata depositata anche la relazione del consulente informativo Davide Ortolano, che ha passato al setaccio i cellulari di vittima e indagato. Il giorno della tragedia, stando anche al racconto di Silvana, c’è stata una lite tra Lorena e Andrea. «Quella mattina», ha raccontato la stessa Silvana, «mia sorella ha ricevuto sul cellulare un emoticon, una “faccina”, da un uomo che l’aveva corteggiata in passato, quando il marito l’aveva lasciata per cinque, lunghi anni. Forse, educatamente, lei ha replicato. Andrea si è arrabbiato e le ha scritto di farsi le valigie, di andare via di casa e di farsi “campare da quello là”. Lorena gli ha risposto che era solo una faccina, che amava solo lui e che non frequentava nessun altro». La conversazione su Whatsapp tra Andrea e Lorena come si è conclusa? «Lui le ha scritto: “Adesso prendi la macchina e te ne vai”. Lei gli avrebbe risposto: “Io non vado con la macchina, perché là non serve niente”, come per fare intendere che fosse depressa, che si volesse suicidare e andare in cielo. Io non credo che questi ultimi messaggi siano stati scritti da Lorena. Era una donna lucida, di carattere. L’ultima risposta di Andrea è stata: “Allora vacci a piedi”».

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La criminologa e psicologa forense Roberta Bruzzone, volto noto di molti programmi televisivi, è stata nominata come consulente da Silvana Paolini, la sorella di Lorena, trovata morta nella sua casa di Ortona lo scorso 18 agosto. Silvana, difesa dall’avvocato Francesca Di Muzio, ha già scelto come consulenti la genetista forense Marina Baldi, il medico legale Ildo Polidoro e il criminalista Nicola Caprioli. (g.let.)