Peculato, ex ragioniere dovrà risarcire il Comune

SAN VITO. Dovrà risarcire al Comune di San Vito la somma di 110mila 38 euro. É la condanna inflitta dalla Corte dei Conti ad Adelmo Spineto, 64 anni, ex responsabile dell’ufficio ragioneria e...
SAN VITO. Dovrà risarcire al Comune di San Vito la somma di 110mila 38 euro. É la condanna inflitta dalla Corte dei Conti ad Adelmo Spineto, 64 anni, ex responsabile dell’ufficio ragioneria e affari generali del Comune come risarcimento danni di immagine oltre che per peculato perché si sarebbe impossessato di “36mila 679 euro dalla riscossione dell’imposta comunale sulla pubblicità, di diritti per il servizio delle pubbliche affissioni e di canone per l’occupazione di spazi e aree pubbliche”.
Accusa, questa di peculato, che assieme a quella di falso ha portato Spineto a scegliere il patteggiamento dinanzi al Giudice per le udienze preliminari, lo scorso anno, della pena di due anni di reclusione, sospesa. I fatti che hanno portato al patteggiamento in sede di udienza preliminare e al risarcimento danni da parte della corte dei conti risalgono ad anni fa.
«Sono nati dalle denunce che presentammo alla Procura e alla Corte dei Conti alcuni anni fa», racconta il sindaco Rocco Catenaro «in quanto ci accorgemmo che nel Palazzo avvenivano operazioni poco chiare, anomale, a livello contabile. Denunciammo i fatti, poi la Procura avviò le indagini assieme alla guardia di finanza. Le indagini una volta chiuse portarono prima ad individuare i presunti responsabili, poi al giudizio penale, discusso nel tribunale di Lanciano davanti al Gup, ora a quello della Corte dei Conti, che analizza e definisce questi ammanchi, che ha condannato l’ex funzionario al risarcimento danni».
In sede penale l’accusa sostenne che Spineto «si sarebbe appropriato, tra il 2003 e il 2010, di 36.679 euro, frutto della riscossione dell’imposta comunale sulla pubblicità, di diritti per il servizio delle pubbliche affissioni e di canone per l’occupazione di spazi e aree pubbliche». E che «con più azioni consecutive del medesimo disegno criminoso, avrebbe attestato falsamente il compimento di operazioni finanziarie e contabili relativamente alla riscossione delle imposte dei diritti e dei canoni».
Non facile ricostruire i movimenti contabili da parte della difesa e così si è arrivati al patteggiamento e alla sospensione della pena.
Nei giorni scorsi è arrivata la sentenza della Corte dei Conti e la condanna al risarcimento danni causato da queste operazioni, quindi pari ai 36mila 679 euro del presunto ammanco, al quale si sommano i danni all’immagine quantificati in oltre 70mila euro per un totale di ben 110mila 38 euro. (t.d.r.)
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