Pedopornografia: aveva un’ingente quantità di immagini choc, arrestato un 57enne

4 Ottobre 2025

Blitz della polizia postale: l’uomo finisce ai domiciliari, la procura gli contesta l’aggravante del possesso di tantissimo materiale. L’indagato stamattina davanti al giudice 

CHIETI. Non è il singolo file, è l’archivio. Non è l’immagine, è la sua ossessiva accumulazione. È questo il principio che ha trasformato un’indagine in un arresto, il sospetto in una flagranza di reato. Per un teatino di 57 anni la vita è precipitata dentro l’accusa di un crimine infamante: detenzione di materiale pedopornografico. La perquisizione degli agenti della polizia postale nella sua abitazione ha segnato la fine di un segreto e la fase decisiva di un’inchiesta, con il sequestro di tutti i dispositivi informatici e l’applicazione immediata della misura degli arresti domiciliari.

Ora la scena si sposta dal silenzio di una casa passata al setaccio all’aula di un tribunale. È qui, questa mattina, che l’indagato, difeso dall’avvocato Manuela D’Arcangelo, comparirà davanti al giudice per le indagini preliminari, Enrico Colagreco. L’udienza di convalida è un bivio. Da una parte, la possibilità di parlare, di offrire una versione dei fatti, di provare a smontare un castello accusatorio che poggia su fondamenta digitali. Dall’altra, la facoltà di restare in completo silenzio.

A pesare come un macigno sul suo destino è una specifica contestazione della procura della Repubblica di Chieti: l’aggravante dell’ingente quantità. Non è un cavillo, ma una linea di demarcazione netta, un principio scolpito da una sentenza della Corte di Cassazione. Per i giudici romani, la quantità diventa «ingente» quando il numero di immagini è «molto grande, rilevante o consistente». Una soglia che, una volta superata, trasforma il detentore in un soggetto che contribuisce «concretamente a incrementare il perverso mercato» che si nutre dello sfruttamento dei minori.

L’accusa, dunque, non è più solo quella di una perversione solitaria, ma di essere un ingranaggio, seppur passivo, di un sistema criminale. E la pena prevista per l’articolo 600 quater del codice penale, ovvero la reclusione fino a tre anni, in questi casi cresce ulteriormente. Tutto si deciderà dentro le memorie digitali dei suoi computer. I dispositivi sequestrati sono diventati le scatole nere di questa storia, i testimoni muti che la polizia postale interrogherà con i metodi della scienza forense. Sarà l’analisi di ogni file, di ogni traccia cancellata o nascosta, a stabilire la reale dimensione dell’archivio.

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