Pochi fondi per bonificare l’ex discarica

Grana sui Comuni del consorzio rifiuti del Chietino chiamati a gestire la bomba ecologica di Fara Filiorum Petri

FARA FILIORUM PETRI. Si apre il fronte della ex discarica consortile di Colle San Donato, chiusa nel 2008 per raggiungimento anticipato della capienza. Una grana costosa per il consorzio dei rifiuti del Chietino, che lotta contro il tempo e la carenza di fondi per evitare l'appesantimento del bacino che ha accolto per 10 anni i rifiuti provenienti dai venti Comuni consorziati.

Settantamila euro subito, questa la cifra che occorre per impermeabilizzare nei prossimi 2 o 3 anni con un telo la collina artificiale, che oggi può difendersi dalle infiltrazioni di acqua piovana soltanto grazie a uno strato di argilla di 50 centimetri di spessore. Ma l'assemblea dei sindaci non ha accolto bene l'idea del telo, che qualcuno ritiene addirittura antiestetico per l'armonia del paesaggio. Il consorzio sta per convocare l'assemblea dell'ultima spiaggia, che entro gennaio dovrà convincere i sindaci che, estetica o no, la copertura provvisoria si deve applicare per questioni di sicurezza non più rimandabili. E la Regione, settore rifiuti, fa intanto pressione sull'organismo consortile per evitare la trasformazione delle precipitazioni atmosferiche in liquame che si accumula nelle viscere del bacino sotto forma di percolato.

Un problema costato ogni anno dai 250 ai 400mila euro, in proporzione delle piogge infiltrate nel bacino in cui sono stati conferiti nel decennio di attività tutti i rifiuti solidi urbani raccolti nei centri consorziati, dove la differenziata è stata istituita in molti casi troppo tardi, quando la discarica era stata già chiusa. «A oggi», spiega il presidente del Consorzio, Adamo Carulli, «rischi immediati di smottamento della discarica non ci sono. Ma noi ereditiamo comunque una discarica chiusa realizzata secondo criteri che oggi non sarebbero sufficienti ai fini dell'autorizzazione, molto prima del crollo della discarica di Notaresco nel Teramano, un episodio che ha introdotto una diversa sensibilità rispetto a questi problemi. Riguardo a voci che circolano a Fara sull'instabilità del bacino, dico anzi che non c'è alcun rischio immediato, dal momento che l'area è monitorata di continuo per prevenire situazioni critiche». Dalla chiusura nel settembre del 2008 fino a oggi e per i prossimi anni vige infatti il regime di post-chiusura, controllato da una società specializzata che ha in appalto le attività di manutenzione con particolare attenzione sulla fuoriuscita dei liquami prodotti dalle migliaia di tonnellate depositate in pieno paesaggio dei calanchi, dove anni fa il Wwf segnalò la presenza di percolato nel fondo della valle dell'Alento.

«A breve», tranquillizza il presidente, «avremo una relazione definitiva sullo stato della discarica, redatta su uno studio approfondito dell'azione del bacino sul suolo, e allora potremo rilasciare informazioni con una base scientifica».

Ma il problema della dispersione dei liquami velenosi nell'ambiente e di eventuali implosioni della discarica per fuoriuscita dei gas prodotti dalla biodegradazione non appartengono comunque alla realtà, osserva Carulli, «il biogas generato», spiega, «viene captato con un sistema che lo convoglia a un bruciatore che produce energia elettrica immessa nella rete, mentre il percolato che scende a valle viene intercettato in pozzi provvisti di pompe che lo reinvia a valle dove viene recuperato dalle cisterne».

Francesco Blasi

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