Primavera, il giallo della firma

Il presidente è fuori anche dalla partita di Confindustria, ma sa difendersi bene dal caso Sia

CHIETI. Paolo Primavera non ha ricevuto avvisi di garanzia ma uscirà anche dalla partita di Confindustria. Tra cinque giorni, Giorgio Squinzi, vertice nazionale degli industriali arriverà in città per la fusione-evento tra Chieti e Pescara.

Dal 9 dicembre, Primavera, così come l’omologo pescarese Enrico Marramiero, resteranno presidenti in regime di prorogatio, per poco più di un mese.

A metà gennaio la nuova e grande Confindustria avrà altri vertici. E il nome più accreditato per la poltrona di superpresidente è quello dell’imprenditore ortonese Gennaro Zecca figlio e nipote di imprenditore di altri tempi.

Zecca sarà affiancato, nel ruolo di direttore generale, da da Luigi Di Giosaffatte, ritenuto molto vicino al costruttore Daniele Becci, presidente dell’ente camerale pescarese. Ma il risiko degli industriali corre di pari passo con vicende giudiziare ed elezioni camerali che hanno spinto il costruttore guardiese Primavera, a fasciarsi la testa prima ancora di rompersela.

Si è tirato fuori due sere fa, dalla corsa alla presidenza della Camera di Commercio teatina, rimasta orfana di Silvio Di Lorenzo coinvolto nel caso civilistico con la Honda Italia. Ed ha di fatto spianato la strada ad altri candidati tra i quali il più accreditato pare essere il presidente dell’AnceAngelo De Cesare che ha già trovato il gradimento di altre associazioni: dai cosiddetti aghi della bilancia a contendenti del calibro di Rete-imprese Italia.

Ma Primavera ha scelto di fermarsi ai box per una vicenda con indagati non avvisati, finita nel mirino del pubblico ministero pescarese Barbara Del Bono e della Guardia di finanza.

È una storia di poche migliaia di euro rimborsate dalla Regione a una dozzina di aziende che hanno beneficiato di corsi di formazione del Sia, (Servizio integrato Assindustria).

Per capirne la dinamica occorre spiegare ai non addetti ai lavori che il Sia, presieduto da Primavera e diretto dall’avvocato Ettore Del Grosso, riceve dalle aziende il pagamento per i corsi, quindi li certifica alla Regione con documentazioni e soprattutto quietanze. E solo allora la Regione rimborsa le ditte.

Secondo l’ipotesi dell’accusa, nel caso teatino, alcune pratiche riportavano firme di avvenuti pagamenti falsi. É tutto ancora da dimostrare ma, tra quelle pratiche rimborsate dall’ente, ci sarebbe stata anche quella che afferiva a una società riconducibile a Primavera che però, ed importante precisarlo, sostiene di aver pagato quanto dovuto attraverso un assegno coperto dal conto corrente di una terza persona che opera nell’ambito di Confindustria Chieti e che non è Del Grosso, il cui compito era di certificare con firma l’avvenuto pagamento da inviare alla Regione. E sulla pratica-Primavera c’era.

Ciascuno dei protagonisti di questa storia ritiene di essere nel giusto: c’è chi dice di aver pagato, chi sostiene di non aver firmato. Sta di fatto che Del Grosso è finito sotto procedimento disciplinare per volere di Primavera e che la vicenda, ha il sapore, anzi l’aspetto di una buccia di banana su cui nessuno vuole cadere.(l.c.)

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