Renzetti, la scintigrafia è ferma da tre anni

Oltre 800mila euro spesi, ma l'azienda dovrà affittare un nuovo macchinario

LANCIANO. Tre anni di lavori, 750mila euro spesi, due collaudi non superati per via di una cella di manipolazione non a norma, la rescissione del contratto con la ditta aggiudicatrice dell'appalto dei lavori e l'affitto da parte della Asl di un nuovo macchinario, che permetta di riprendere l'attività. E' il pasticcio della scintigrafia del reparto di medicina nucleare dell'ospedale Renzetti.

E' diventato un rebus la sistemazione e l'utilizzo della scintigrafia dell'ospedale Renzetti. Da più di tre anni i pazienti frentani e vastesi sono costretti a percorrere chilometri per eseguire scintigrafie tiroidee, cerebrali e ossee negli ospedali di Chieti e Pescara, ma anche più lontano, fino ai presidi sanitari di Teramo e Sulmona, o a rivolgersi alle cliniche private con aggravi di costi, perché il macchinario a Lanciano non è utilizzabile.

Un rebus che ha il sapore amaro della beffa se si pensa che i lavori nel reparto, iniziati nel 2007, avevano come obiettivo di migliorare il servizio per l'utenza e se si pensa, soprattutto, ai soldi spesi inutilmente: la sostituzione della gamma camera e la sistemazione delle vasche di decontaminazione sono costate 750mila euro. A questi soldi sono stati aggiunti 90mila euro per acquistare la cella di manipolazione, che non fu inserita nel progetto originario nonostante, senza di essa, la scintigrafia - che rileva eventuali lesioni piccolissime agli organi e analizza la circolazione sanguigna - non funzioni.

Finiti i lavori, si è passati ai collaudi: qui è arrivato il colpo di grazia. I due effettuati non sono stati superati perchè la cella di manipolazione non era a norma. «La cella non è utilizzabile da parte dell'operatore e quindi non è collaudabile», spiegano dall'ufficio tecnico della Asl. Che cosa fare? Due le possibilità individuate dall'azienda per risolvere il "pasticcio": far realizzare una nuova cella di manipolazione alla seconda ditta che partecipò all'appalto o, per accorciare i tempi, affittare una cella temporanea, per riprendere l'attività. Due mosse che hanno però dei costi.

La prima, infatti, può avere dei costi legali se la ditta appaltatrice presenta un ricorso contro la Asl, che ha deciso di passare i lavori alla seconda azienda che partecipò all'appalto. La seconda mossa, invece, prevede l'esborso di altri soldi per dotarsi di un apparecchio in affitto. «Affittare l'apparecchio è una scelta forse antieconomica, ma sarebbe fatta in favore dell'utenza», affermano dalla Asl, «per evitare altri disagi, lunghe attese e spostamenti in altri ospedali». La speranza è che siano euro spesi bene e che permettano di riprendere l'attività a pieno regime.

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