il colpo sventato

Sambuceto, uno dei rapinatori era agli arresti domiciliari

Assalto con la pistola alla Caripe, il pescarese Mastroianni aveva il permesso d’uscire solo per andare a lavorare. Stamattina l'udienza di convalida dal gip anche per Cataldo e Tuci

SAN GIOVANNI TEATINO. La pistola con cui hanno assaltato la filiale Caripe di via Po, a Sambuceto alle 14,40 di lunedì, era una scacciacani, ma adattata per esplodere proiettili calibro 9. Luca Cataldo, 26 anni pescarese, Marcello Mastroianni, 27 anni di Montesilvano e Mario Tuci, 27 anni pescarese residente a Montesilvano, devono rispondere dei reati di ricettazione di pistola alterata, di porto in luogo pubblico di pistola, di ricettazione della Y10 bianca risultata rubata a Francavilla la sera del 7 gennaio e, anche, di rapina. Una voce in più per Mastroianni: in detenzione domiciliare per una condanna definitiva relativa a vecchi reati, il giovane originario di Collecorvino aveva l’autorizzazione ad uscire per andare a lavorare in un orario proprio a ridosso di quello in cui c’è stata la rapina. Per lui c’è anche l’accusa di evasione.

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Nell’udienza di convalida fissata per questa mattina davanti al gip Luca De Ninis i loro rispettivi difensori, l’avvocato Carlo Di Mascio per Mastroianni e Tuci, e l’avvocato Gabriele Colicchia per Cataldo punteranno a dimostrare che la rapina non è stata consumata e dunque a ottenere la derubricazione del capo di imputazione da rapina a tentata rapina. Perché i tre dopo essersi resi conto che lo stabile era circondato da polizia e carabinieri sono rientrati in banca, hanno deposto la pistola e i 58mila euro che avevano appena arraffato e sono usciti a mani alzate. Una richiesta sostenuta anche sulla base d i alcune sentenze della Cassazione relative alle rapine nei supermercati in cui si dice che per parlare di rapina il bandito deve aver superato la barriera del metal detector o, come è stato stabilito in altri casi, l’ingresso del supermercato.

Di certo, finora, c’è che il terzetto si conosceva già e, in particolare Mastroianni e Tuci si erano già resi protagonisti di rapine nel 2009. I due furono arrestati per la rapina consumata il 20 luglio di quell’anno alla filiale del Monte dei Paschi a Sambuceto. Berretto da baseball in testa, avevamo portato via circa 5 mila e 600 euro puntando sui cassieri una pistola giocattolo. Ma furono traditi dalle impronte che lasciarono in banca, oltre che dai filmati che li ripresero in viso. Mastroianni, che fu individuato il 26 agosto, il giorno prima era stato arrestato a Montesilvano per una rapina alla Tercas di Scerne di Pineto.

Due storie diverse, le loro, ma con esiti simili. Una situazione di disagio per Tuci, che abita con la mamma di cui porta anche il cognome e la nonna, con un papà che non c’è mai stato e un’adolescenza puntellata di frequentazioni pericolose fino al 2009 quando iniziò con la prima rapina. Figlio unico, dopo un periodo trascorso in carcere, era uscito grazie a uno sconto di circa due anni ottenuto dal suo avvocato. Discorso a parte per Mastroianni, parecchi precedenti e un passato anche in comunità.

Quanto a Cataldo, anche lui ha avuto un’infanzia difficile, con i genitori separati, la perdita di un fratello e un percorso di crescita subito ostico.

Un dolore immenso per la madre, dipendente pubblico assolutamente distante e lontana da un mondo da cui è completamente estranea anche l’altra figlia. Eppure lo stesso Luca negli ultimi tempi si era rimesso in riga. Conviveva con la compagna, alcuni anni fa aveva aperto un negozio di abbigliamento in centro, a Pescara, nella zona di via Palermo e di recente lavorava come commesso part time sulla costa teramana. Una vita che sembrava divenuta finalmente regolare fino all’altro giorno, quando con Tuci e Mastroianni ha provato a rapinare la Caripe.

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