San Stefar, cure sospese per 325 malati

Lista di attesa infinita nella struttura privata dopo lo stop del servizio Adi da quasi un anno

LANCIANO. Non è possibile curarsi e fare le terapie nei centri di riabilitazione accreditati dalla Regione, come il San Stefar. È questa la dura e incomprensibile realtà che si trovano di fronte centinaia e centinaia di pazienti che hanno bisogno di cure, terapie che permettano loro di alleviare sofferenze e malattia.

A attendere che si liberi anche un solo posto nei centri sono circa 325 persone, molti bambini. Addirittura ci sono casi di bambini che attendono da due anni di potersi curare. Una situazione a dir poco drammatica con cui devono fare i conti gli ammalati, le loro famiglie e gli operatori dei centri come il San Stefar, che a denti stretti devono dire: “ci spiace, non c’è posto per curarsi”.

Al San Stefar la situazione è critica da circa un anno. Dal febbraio scorso le file hanno iniziato ad allungarsi fino a toccare oggi il numero di 325 persone. E questo nonostante i circa 40 dipendenti assicurino 100 prestazioni al giorno e abbiano in cura oltre 450 pazienti.

Il problema è che senza budget finanziario è quasi impossibile prendere in carico altri utenti che hanno tutti l’autorizzazione alle cure rilasciata dall’Unità di valutazione multidimensionale (Uvm)del distretto sanitario. Foglio necessario per accedere al servizio.

Pochi posti che costringono i centri a non assicurare neanche più i cicli di terapia annuali. E questo sta portando le persone all’esasperazione e a minacciare di rivolgersi alle forze dell’ordine se il proprio familiare non accederà alle cure.

File che si ingrossano quindi sia perché il fabbisogno di cure in questa zona è sottostimato rispetto alle necessità, sia perché molte persone che avevano l’assistenza domiciliare integrata (Adi) che queste cure le facevano a casa, oggi, non avendola più, sono costrette a curarsi nei centri.

«Le liste si sono ingrossate a causa dell’illegittima chiusura, perché fatta senza il parere dell’Uvm, dell’Adi dal febbraio scorso», evidenzia Aldo Cerulli, segretario regionale di Cittadinanzattiva, il Tribunale dei diritti del malato, «decisa da chi guidava il distretto in quel periodo e che, con le Adi chiuse ha portato centinaia di persone a doversi curare nei centri accreditati. È gravissimo che ci siano delle liste di attesa e che per giunta queste abbiamo oltre 300 persone iscritte alcune delle quali da anni attendono la presa in carico. La legge prevede la presa in carico entro 30 giorni per evitare danni alla salute. Qui si attendono mesi e anni. Ritornerò in Procura per capire cosa sta accadendo».

Cerulli alla Procura aveva inoltrato nel marzo scorso, quindi quasi un anno fa, le denunce per la sospensione dell’Adi, avvenuta in modo improvviso e su ben 780 pazienti, Denunce che aprirono un’inchiesta che è ancora in corso.

Da capire è perché sia stata chiusa, con l’archiviazione, l’altra inchiesta, proprio quella sulla “riabilitazione negata”nei centri accreditati Asl.

Teresa Di Rocco

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