«Scuola per dirigenti, anche con una lezione sulla Brigata Maiella»: inizia il campus a Montenerodomo per 20 universitari

L’intervista al professor Flavio Felice, tra i promotori dell’iniziativa nel segno di due pilastri come Croce e de Thomasis: «La nostra è una missione nobile, quella di educare, di dare strumenti validi. Ma con un occhio al Mezzogiorno»
MONTENERODOMO. Nel segno del giurista abruzzese Giuseppe de Thomasis, originario di Montenerodomo, e di Benedetto Croce, nato a Pescasseroli, si apre oggi la IV edizione della Scuola estiva: uno specialissimo campus che si terrà fino al 19 luglio alle pendici della Maiella, tra il piccolo paese del Chietino, il Parco archeologico di Iuvanum e altre location. Un progetto nato dalla collaborazione tra enti pubblici e privati, come spiega il professor Flavio Felice, tra i promotori dell’iniziativa, «con l’idea di dare strumenti ai nostri giovani, perché possano diventare la classe dirigente del futuro». Felice è professore ordinario di Storia del pensiero politico all’Università degli Studi del Molise e professore invitato di Scienze sociali alla Pontificia Università Gregoriana.
Professor Felice, come è nata l’idea di questa scuola?
«L’idea della scuola l’abbiamo avuta sotto pandemia: avevamo in mente una missione nobile, quella di educare, di dare degli strumenti validi a giovani universitari dottorandi e dottorati, per cercare di preparare una nuova classe dirigente. Ma con un occhio di riguardo verso il Mezzogiorno, che ancora soffre di tanti problemi: il sottosviluppo, lo spopolamento. Rispetto al passato, oggi la situazione di questo territorio si è ribaltata: prima erano le zone interne la parte ricca, mentre la costa era povera, ignorante. Ci siamo trovati insieme, io, Marcella Leombruni e Pasquale D’Alberto del Parco letterario Benedetto Croce e l’Abruzzo, poi il professor Francesco Sabatini (presidente onorario dell’Accademia della Crusca, ndr), e abbiamo immaginato questo progetto. Loro sono il cuore pulsante, ma è coinvolto anche il Comune di Montenerodomo, con il sindaco Angelo Piccoli. E ancora Lucio D’Orazio, Rita Crisanti, Armando Vittoria. La prima edizione è stata nel 2022».
I ragazzi come vengono scelti?
«Gli studenti vengono coinvolti dai professori, ognuno dei quali seleziona due o tre di loro che hanno mostrato una certa predisposizione, un interesse particolare per i temi che qui trattiamo. In tutto sono una ventina. La scuola è completamente gratuita, i ragazzi sono ospiti per una settimana a Montenerodomo, grazie al Comune e agli sponsor. Tutto, beninteso, nel segno della sobrietà. Si crea un clima bellissimo con gli abitanti del paese, ci sono le signore di Montenerodomo che cucinano per noi, si mangia tutti insieme: una esperienza bellissima. Il criterio è quello dei nostri nonni, dove si mangia in dieci si mangia anche in quindici!».
La scuola ha anche l’obiettivo di investire sulla preparazione delle nuove classi dirigenti del Mezzogiorno. Manca questo tipo di formazione, soprattutto politica, in Italia?
«A mio parere sì, a meno che non si considera la formazione che si fa nei partiti politici».
Che però non funziona più come una volta…
«Vero anche questo. Ci sono le scuole delle università, ma il fine è diverso. Lì si fa formazione con un obiettivo preciso, anche economico. Si preparano categorie di professionisti: avvocati, economisti. Qui non c’è il guadagno come fine, si tratta di una dimensione più universale, anche se calata nel locale. C’è una autentica vocazione territoriale».
C’entra anche il concetto di restanza, allora?
«Proprio così. Tutto il programma si lega al concetto di riscoperta dei territori interni. Noi l’abbiamo diviso in blocchi, partendo dalla Memoria, e qui facciamo riferimento agli studi di due figli di Montenerodomo, Benedetto Croce e Giuseppe De Thomasis».
Ma Benedetto Croce non era di Pescasseroli?
«La famiglia della madre, Luisa Sipari, era di Pescasseroli, mentre il ramo paterno era proprio di Montenerodomo. Tant’è che ci sono tre Parchi letterari dedicati a Croce: Pescasseroli, Montenerodomo e Raiano».
Torniamo al programma.
«Ecco, la seconda parte è dedicata alla Resistenza. Parliamo della Brigata Maiella: missione identitaria della nostra scuola è di tramandare quell’esperienza, elevare questa memoria così importante per la nostra regione. In questo blocco presentiamo sempre un libro dedicato alla Resistenza, quello di Edoardo Puglielli. Infine proponiamo una sessione dedicata allo sviluppo. Quest’anno affronteremo il tema sotto due punti di vista. Visiteremo la ex Sevel di Atessa, oggi Stellantis, per aprire un dibattito sulla questione dell’occupazione e della crisi economica. Ma andremo anche a Pescocostanzo, che prenderemo come modello virtuoso di sviluppo del territorio. Perché le zone interne non sono condannate ad essere sottosviluppate».
Un programma molto ampio…
«E non è finito. C’è ovviamente una sezione dedicata alla letteratura, dopotutto la scuola è nata dentro il Parco letterario. Terremo una lezione nell’area archeologica di Iuvanum, con i professori di archeologia dell’Università di Chieti. Nel pomeriggio parleremo di autori. Ogni anno Francesca D’Alfonso presenta uno scrittore abruzzese diventato famoso altrove, come John Fante. Presenteremo anche il progetto Italea, con Ivan Serafini, finalizzato alla scoperta delle radici, al riportare le terze, quarte generazioni di emigrati a visitare la terra d’origine dei loro avi».
Tantissimi appuntamenti per i ragazzi!
«Certo, ma alla fine ci sarà un momento bellissimo, con l’Osservatorio astronomico d’Abruzzo. L’idea è nata il primo anno: si sa come sono i ragazzi, non vogliono mai andare a dormire! Sono stati proprio loro a proporlo una sera. Perché non andiamo a vedere le stelle? Così abbiamo pensato di renderlo un appuntamento fisso».
Organizzare questo tipo di iniziative nelle aree interne può essere un volàno per questi territori?
«La speranza è quella. Sicuramente questi progetti hanno un valore, visto che l’iniziativa dura diversi giorni e si ripete ogni anno».
E c’è anche un’organizzazione complessa dietro, con problemi di logistica.
«Infatti, è un problema enorme ospitare tutte queste persone in un paese piccolo. Noi avvertiamo i ragazzi che ci sono sacrifici da fare. Partecipare è quasi come andare in campeggio, non ci sono strutture lussuose, anzi. Noi speriamo che dopo queste quattro edizioni si possa sbloccare qualche progetto per l’accoglienza».
L’evento è organizzato in collaborazione con il Parco letterario Benedetto Croce e con il Centro studi per il Mezzogiorno De Thomasis, protagonista del riformismo in un Meridione che, come ricorda Lucio D’Orazio nel suo libro, non è sempre stato arretrato, ma era anzi in prima fila nel pensiero e nelle proposte per lo sviluppo. Nell’ottica indicata da D’Orazio, allora, va riscritto il ruolo del Sud nella storia del nostro Paese? La narrazione è stata un po’ troppo ingenerosa?
«Per me il Sud ha una certa responsabilità nel disegnare il suo destino. Spesso, anche a livello politico, non sono state fatte le scelte giuste. E non sempre è stata scelta la classe politica giusta. Certo, si può invertire la rotta, ma a pensarci deve essere il Sud stesso. Il benessere del Meridione dipende dai suoi abitanti. Forse sì, il racconto è stato ingeneroso, a volte macchiettistico o anche romantico. Ma il Sud non va male perché è stato disegnato così, per citare la famosa battuta di Jessica Rabbit. Va male per le sue stesse colpe. Ci siamo fatti rubare il futuro. Dal Nord? Forse sì, ma la nostra classe dirigente non ha aiutato».
Ma si può riuscire a invertire la rotta?
«Sì, con le infrastrutture, con grandi investimenti. Saranno in perdita nel breve periodo, ma nel lungo periodo porteranno i loro frutti. Ci si deve puntare, però. Poi non è un calcolo meramente economico. Il risultato non è semplice aritmetica. Lo scopo è far stare meglio le persone, far sì che si viva meglio, garantire scuole, ospedali, servizi. Se fosse un calcolo puramente monetario, basterebbe spostarci tutti nelle grandi città, a Roma, Milano o Napoli. Sarebbe economicamente più conveniente come operazione, concentrare tutto in poche zone. Ma non staremmo bene. Io voglio poter vivere dove sto meglio. Cosa è più importante, i soldi o il benessere delle persone? E l’obiettivo della politica qual è?»
Questo campus si sviluppa in diverse giornate, propone momenti di confronto collettivo su grandi questioni: storia, territorio, archeologia, industria, ambiente, turismo. È questa la preparazione ideale per il dirigente di domani?
«Certo. La chiave è il pluralismo. La dimensione multidisciplinare in termini di valori, ideali, competenze. C’è sempre maggiore sviluppo dove c’è un grande concorso di idee e professionalità. L’omologazione è un danno, occorre una pluralità di idee, di fedi, di valori. Il periodo d’oro dell’antica Roma si ebbe quando accoglieva cittadini da tutti i territori: Roma va a conquistare Atene e viene conquistata da Atene, conquista Gerusalemme e viene conquistata da Gerusalemme. Tengo molto a ricordare il motto inciso all’ingresso del borgo antico di Gessopalena: Non nobis solum nati sumus, non siamo nati per noi stessi. L’abbiamo adottato per la Scuola estiva, perché siamo nati per restituire qualcosa a chi viene dopo».
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