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CHIETI

Sequestrati beni per 4 milioni di euro a società petrolifera frentana

La guardia di finanza ha accertato che la società aveva effettuato acquisti di carburante da diverse società fornitrici che commercializzavano i prodotti senza assolvere al pagamento dell’Iva

CHIETI. I militari del comando provinciale della guardia di finanza di Chieti hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo, per un valore di oltre 4 milioni di euro di beni mobili, immobili di proprietà o nella disponibilità di una società che opera nel settore petrolifero nonché dei due amministratori, fino a concorrenza del valore di oltre 4 milioni di euro. La società ha sede nel Frentano.

Il provvedimento è stato emesso dal Giudice delle indagini preliminari (Gip) del tribunale di Lanciano su proposta della Procura: si tratta di 5 terreni,  6 immobili, 7 automezzi, 11 rapporti finanziari, per un valore stimato in oltre 680mila euro di proprietà o nella disponibilità della società  nonché di due indagati, nella loro qualità di amministratori della stessa.

In particolare, i finanzieri in forza al Nucleo di polizia economico finanziaria, nell’ambito di un’attività di verifica fiscale, hanno raccolto elementi sufficienti da ipotizzare che la società, specializzata nel commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi e lubrificanti per autotrazione, negli anni 2019 e 2020, ha indebitamente detratto l’IVA per un ammontare pari al valore oggetto del sequestro e riferibile a fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, emesse da altri operatori, per un imponibile di oltre 18 milioni di euro.

Le stesse, a seguito di indagini svolte da altri reparti della Finanza, sono state individuate come società “cartiere” o “filtro” create ed interposte da organizzazioni criminali dedite alla realizzazione di frodi Iva sui carburanti.

"Con tale sistema la società frentana, è riuscita ad acquistare il prodotto ad un prezzo inferiore al valore normale", si legge in una nota della Finanza: "Lo stratagemma utilizzato per celare l’operazione illecita era il ricorso alla sovrafatturazione del prezzo, in modo da renderlo apparentemente in linea con quello di mercato, in quanto veniva “caricato” delle spese di trasporto, in realtà sostenute dall’acquirente al quale venivano restituite al momento della consegna, mediante denaro contante, o con il successivo riaddebito effettuato dalla cessionaria alla cedente".

A carico degli amministratori della società, è stato ipotizzato il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, reato per il quale è prevista la reclusione da 4 a 8 anni.