Si esclude che il crac sia stato provocato dalle presunte tangenti che l’imprenditore disse di aver pagato

Soldi e quadri, la procura cerca il tesoro

Gli inquirenti sospettano che decine di milioni e altri beni siano occultati

CHIETI. Ha spogliato le società del gruppo Villa Pini di decine di milioni di euro. Tanti soldi che gli inquirenti non riescono ancora a delimitarne la cifra, 100 milioni o forse più. Ha tentato di sottrarre quadri d’autore, preziosi quando già era nel vortice della bancarotta.
Un giro di soldi che solo in parte è stato individuato, mentre ancora molto deve essere ricostruito delle rutilanti iniziative finanziarie dell’ex magnate della sanità privata Enzo Angelini da martedì su disposizione del Gip Marina Valente, agli arresti domiciliari nella sua villa di Francavilla.

Caccia al tesoro
Da giorni la procura di Chieti è a caccia del tesoro nascosto.
Toccherà anche all’imprenditore teatino fare uno sforzo nel dare indicazioni, ricordare dove sono finiti i soldi, perchè probabilmente non basterà dire che si hanno le «mani bucate». La procura di Chieti si aspetta una limpida collaborazione in modo che lo stesso Angelini non comprometta ulteriormente la sua posizione, già assai difficile. L’ex re delle cliniche è indagato di bancarotta fradudolenta, patrimoniale e documentale aggravata dal falso in bilancio riferibile alla clinica Villa Pini.

Un ruolo da protagonista, questa volta scomodo che potrebbe ulteriormente farsi difficile.
In procura, al terzo piano del palazzo delle poste dove gli uffici giudiziari sono stati trasferiti dopo il terremoto, il clima è sereno. Si conferma che la caccia al maxi gruzzolo è solo agli inizi e che il futuro potrebbe rivelare altre sorprese. Alle 11 inizia il vertice. C’è il procuratore capo Pietro Mennini, ci sono i sostituti Giuseppe Falasca e Andrea Dell’Orso, i colonnelli della finanza D’Amata e Miseri, con loro per una relazione tecnica sono presenti la curatrice fallimentare di Villa Pini, Giuseppina Ivone e il commercialista Francesco Cancelli.

La consegna del silenzio è totale. Nessuna intervista o conferenza stampa. Si chiede serenità per evitare che ogni cosa si trasformi in quel sensazionalismo che nuoce a tutti. Ma si puntualizza che le cose stanno per essere messe, pazientemente ciascuna nel tassello giusto. Poi alla fine si potrà ammirare un affresco con tante sfaccettature.

I viaggi a Roma Dal lavoro dei magistrati qualcosa sempre trapela. La richiesta di arresto, ad esempio, è stata presentata al giudice per le indagini preliminari subito dopo che la finanza bloccò il 2 marzo scorso alcuni camion che stavano trasferendo quadri e oggetti d’arte per il valore di milioni di euro, da Chieti a Roma. Una colossale quantità di opere d’arte sfuggita ai primi sequestri e che lo stesso Angelini non aveva ammesso di possedere.

Il sospetto, quindi, è che molti altri beni preziosi siano stati trasferiti, nascosti, oppure, nel caso di quadri, portati in gallerie d’arte. Non sono infatti passati inosservati i viaggi fatti da Angelini in queste settimane a Roma forse per incontrare galleristi e mercanti d’arte. Iniziative che hanno accresciuto i sospetti degli investigatori tanto che nelle motivazioni dell’ordinanza si parla del pericolo di inquinamento probatorio e della reiterazione del reato. Un destino singolare per l’ex re delle cliniche private grande cultore dell’arte, nella sua collezione poteva annoverare opere di Guttuso, De Chirico e Tiziano, solo questa ultima opera ha un valore di 900 mila euro.

La Novafin. Per l’arte basta, come si sa basta una struggente passione. Per l’acquisto invece servono soldi. Tanto denaro ma per questo ci pensava la società di famiglia la Novafin, di Vincenzo Maria Angelini e della consorte Anna Maria Sollecito. Dall’alto della loro holding drenavano fondi dalle 23 aziende controllate, tra cui il gruppo Villa Pini. Milioni presi dalle società e portati altrove. Fino ad arrivare al fallimento, agli stipendi dei 1600 dipendenti non pagati, ai mancati versamenti Inps e Inail.

La sanitopoli Tra gli investigatori si osserva che il fallimento non è stato di certo determinato dalla Regione Abruzzo, come aveva lamentato l’imprenditore, perchè i servizi sanitari a Villa Pini la Regione li ha pagati fino al marzo 2009 e, nemmeno, il fallimento è stato provocato dalle presunte tangenti che Angelini dichiarò di aver versato ai politici della ex giunta regionale di centrosinistra. Un passaggio questo delicato, dal momento che l’ex patron delle sanità privata nel puntare l’indice nell’aprile del 2008 contro la ex giunta Del Turco diede una spinta formidabile all’inchiesta della procura di Pescara su Sanitopoli. Ai pm pescaresi raccontò che lo stato di crisi delle sue società era dovuto anche a quelle tangenti sollecitate e pretese da una classe politica avida e senza troppi scrupoli.

Un maggio impegnativo I pm di Chieti che indagano sulla bancarotta ora sono in attesa che il gip Valente fissi la data dell’interrogatorio. Il giudice ha dieci giorni di tempo per decidere.
Mentre per ironia della sorte il 12 maggio si terrà a Pescara l’udienza preliminare per Ottaviano Del Turco e altre 10 persone finite il 14 luglio 2008 in carcere dopo le rivelazioni di Angelini. Infine, ieri al termine del vertice in procura la curatrice fallimentare Ivone ha precisato per quel che riguarda la sua attività, l’arresto di Angelini non modifica nulla poiché Angelini già da tempo non aveva più incarichi operativi ed era fuori dalla gestione di Villa Pini.

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