Atessa

Stellantis, l’allarme della Fiom: «Persi quasi 10mila dipendenti»

30 Settembre 2025

Fuga dei lavoratori e calo della produzione in Italia, sul sito di Atessa la scure del ristagno nazionale. Il segretario De Palma: «Urgente un tavolo con la Meloni. Senza dialogo sciopero con gli altri sindacati»

ATESSA. A pochi giorni dalla fiera atessana dell’Expo, che aveva già attenzionato alcune criticità, arrivano i numeri della Fiom a rincarare la dose sull’emorragia dell’automotive (13% del Pil abruzzese), con i dipendenti delle sedi italiane di Stellantis calati a picco nel giro di quattro anni. È tutto documentato nero su bianco in un dossier che ha un nome da kolossal: “La grande fuga dall’Italia”. Di colossale però ci sono soltanto le perdite: i dipendenti di Stellantis sono passati dai 37.288 del 2020 ai 27.632 registrati nel 2024, numeri alla mano si parla di 9.656 lavoratori fuggiti via. Ben 1.600 quelli fuoriusciti dallo stabilimento di Atessa, oltre alla perdita di 118mila furgoni. E dal 2004, quando l’azienda era ancora seconda in Europa per l’automotive, anche la produzione di automobili è scesa drasticamente di 515.944 unità - considerando anche i veicoli commerciali, la perdita complessiva di volumi è stata pari a 520.798 unità.

«Sono le cifre di un fallimento», commenta il segretario generale della Fiom, Michele De Palma. Il convitato di pietra è l’elettrico, settore su cui l’Italia porta avanti un pressing dal tono incerto contro l’Unione Europea: gli obiettivi sulle emissioni sono là da venire mentre i dati della Fiom mettono in ginocchio la prospettiva ottimistica di una produzione – quella sperata all’inizio del periodo di conversione all’elettrico – di un milione di auto ogni anno.

Per questo De Palma chiede a gran voce un incontro con i vertici del governo nazionale: «Meloni non può più far finta che non ci sia un problema legato all’automotive e a Stellantis nel nostro Paese», spiega, perché «senza la risoluzione dei problemi proporremo una mobilitazione agli altri sindacati e ai lavoratori».

Nel frattempo, dopo l’approvazione dell’Ara (Automotive alliance regions) sulla risoluzione abruzzese per allentare le maglie della transizione all’elettrico, qualche giorno fa era arrivata anche la richiesta del gruppo civico Progetto Lanciano per portare sul tavolo del Consiglio comunale la questione dello stabilimento ex Sevel, su cui «dobbiamo prendere atto», scriveva il gruppo in una nota, «che il governo nazionale e regionale non hanno reagito con prontezza ed efficacia, ma si sono limitati a monitorare la situazione».

Sul palco del convegno al Val di Sangro Expo, il sindaco di Atessa Giulio Borrelli aveva parlato di «tempesta dell’automotive», fenomeno che «ci investe in pieno» e le cui cause «sono complesse, tra i limiti del Green Deal europeo, le scelte industriali dei grandi gruppi e la forte concorrenza cinese con l’elettrico». E al Centro il presidente di Confindustria Abruzzo Medio Adriatico, Lorenzo Dattoli, aveva commentato la crisi degli stabilimenti Stellantis sottolineando come «il motore elettrico non è l’unica soluzione», e che «gli aiuti di Stato sono necessari perché stiamo buttando via anni di tecnologia sui motori endotermici per passare a quelli elettrici». Proprio su quest’ultimo punto Borrelli era già stato lapidario: «sull’elettrico abbiamo già perso la sfida», così dal palco dell’Expo.

Davanti ai numeri di questa crisi, intanto, Stellantis ha annunciato ieri la nomina di Joao Laranjo come nuovo Chief Financial Officer (Cfo) del gruppo, entrando a far parte della “Leadership Team” globale con effetto immediato. Per l’azienda, «cuore pulsante dell’economia regionale», come l’ha definita il sindaco Borrelli, si apre una fase di riflessione, guardando ai due binari della sua nuova sfida: raggiungere l’obiettivo transizione ecologica migliorando la sua capacità produttiva e contestualmente risollevando le performance finanziarie, contro quella riduzione del 26,9% che oggi è il tuffo al cuore di un’industria e di un Paese.