Truffavelox, la procura: “Sei vigili urbani a processo”

Francavilla, lo scandalo dello “Speed scout”. Multe per eccessi di velocità mai avvenuti, sotto accusa anche il comandante. È stato l’imprenditore Fabio Di Nardo a presentare l’esposto che ha innescato l’inchiesta, ora arrivata al capolinea con la richiesta di rinvio a giudizio
FRANCAVILLA AL MARE. C’è una storia che odora di asfalto e di inganno, e che per anni ha trasformato le gallerie di Francavilla al Mare in un incubo per migliaia di automobilisti. Al centro di tutto, un apparecchio dal nome tecnico, Speed scout, ribattezzato dalla gente con un nomignolo assai più eloquente: il «Truffavelox». Una macchina che, tra il 2019 e il 2023, ha macinato verbali per oltre 1,2 milioni di euro, inventando eccessi di velocità. Su questo meccanismo perverso, la procura di Chieti – diretta da Giampiero Di Florio – ora chiede il conto, sollecitando il processo per sei vigili urbani.
I NOMI – Tra gli imputati c’è il comandante della polizia locale, Fabio Torrese, per il quale il pubblico ministero aveva inizialmente proposto l’archiviazione. Una valutazione ribaltata dal giudice per le indagini preliminari, che ha invece ordinato di procedere per accuse pesantissime: «falsità ideologica e materiale commessa dal pubblico ufficiale in atto pubblico» e «soppressione, distruzione e occultamento di atti veri». Insieme a lui, a fine novembre, dovranno comparire davanti al giudice per l’udienza preliminare Maurizio Sacco il suo vice, Giustino Tancredi, e gli agenti Elisa Sbaraglia, Cinzia Gattone, Stefania Montebello e Carlo Del Gatto, difesi dagli avvocati Antonio Luciani, Marco De Merolis, Vincenzo Di Lorenzo e Luca Paolucci. Tra le «persone offese», oltre al Comune, figura Fabio Di Nardo, il camionista che con la sua tenacia ha scoperchiato il vaso di Pandora. Potranno entrambi costituirsi parte civile e, dunque, chiedere il risarcimento dei danni.
LE CONTESTAZIONI – Il cuore dell’inchiesta pulsa nei verbali delle verifiche periodiche, che – secondo l’accusa – erano una messinscena per occultare il malfunzionamento sistematico dell’autovelox. Alle agenti Gattone e Montebello, con il presunto avallo di Torrese, si contesta di aver attestato, il 20 gennaio 2023, «contrariamente al vero», di aver eseguito i controlli ministeriali. Hanno certificato il «corretto funzionamento per il “movimento con rilevamento in avvicinamento”», ma in realtà, sostiene la procura, «non avevano le competenze tecniche» per farlo. L’effetto era devastante: lo Speed scout «registrava in modo del tutto anomalo le velocità», attribuendo ai veicoli, in particolare camion, furgoni e fuoristrada, infrazioni mai commesse. Per nascondere la falla, le due agenti avrebbero dichiarato 18 serie di fotogrammi di prova, a fronte di 22 test effettuati. I quattro mancanti, quelli con «rilevazioni del tutto inattendibili», sarebbero stati semplicemente «occultati». Uno schema che si sarebbe ripetuto il 22 marzo 2021 con Tancredi e Del Gatto, accusati di aver provato l’apparecchio «senza differenziare le categorie di mezzi nella consapevolezza che registrava in modo errato le velocità». A Tancredi e Sbaraglia viene inoltre contestato di aver «occultato» intere cartelle di foto digitali «incoerenti», archiviandole nel computer dell’ufficio senza redigere alcun verbale. Su tutto, secondo il pm, si stendeva la consapevolezza del comandante.
L’ESPOSTO CHIAVE – A innescare la valanga è la determinazione di Fabio Di Nardo, titolare di un’azienda di trasporti. Nel settembre 2023, la sua pazienza si esaurisce e invia un esposto a procura, prefettura e Comune. «Lo scorso 28 agosto», scrive, «ho ricevuto una raccomandata con cui veniva contestato che il mio veicolo circolava in via contrada Cetti Castagne alla velocità pari a 111 km/h dove il limite su tale tratto era imposto a 50». Sanzione pesante: multa, sei punti in meno e sospensione della patente per l’autista. «Sono rimasto sbalordito», prosegue l’imprenditore nel suo racconto, «perché il mezzo pesante era dotato di limitatore di velocità installato e certificato direttamente dalla casa madre e tarato per un massimo di 90 km/h». Ma c’è di più: il cronotachigrafo digitale 4.0, uno strumento di precisione, dice che il camion viaggiava tra i 50 e i 60 km/h.
LA VISITA AL COMANDO – Con le prove in mano, Di Nardo va al comando. Lì, l’incredibile ammissione. «L’operatrice di polizia municipale», ricostruisce, «si è iniziata ad allarmare pronunciando parole dal tono: “C’è un errore, c’è un errore”. La vigilessa mi ha riferito che era ben a conoscenza del fatto e che il sistema autovelox presentava delle falle pertanto mi ha fatto presente che potevo semplicemente inviare una missiva per l’annullamento in autotutela del verbale». Pochi mesi dopo, a dicembre, la polizia stradale di Chieti sequestra lo Speed scout.
I CASI PARADOSSALI – Le carte dell’indagine descrivono un malfunzionamento così macroscopico da risultare grottesco, noto a tutti. Il dispositivo ha immortalato due pedoni, attribuendo loro 56 e 60 chilometri orari. Ha registrato un autobus di linea della Tua a una velocità fantascientifica di 251 chilometri all’ora. Un Tir della Rai, lungo 11 metri e con limitatore a 90, è stato rilevato a 164 km/h dove il limite era 70. L’azienda di servizio pubblico ha inviato una pec, sottolineando l’impossibilità tecnica della rilevazione. Anche in quel frangente, annota la procura, il vice comandante ha annullato la sanzione da 1.702 euro e la decurtazione di 15 punti. Un sistema che, per l’accusa, non solo non funzionava, ma veniva protetto da chi avrebbe dovuto garantire la legalità.
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