Uccise il fratello 18enne, i giudici: «Sì al massimo delle attenuanti»

La Corte: «Fu un omicidio preterintenzionale e non una legittima difesa, ma l’imputato è incensurato, è stato corretto durante il processo e il fatto è avvenuto in un clima familiare segnato dalle difficoltà»
MIGLIANICO. «La riduzione di pena per le riconosciute attenuanti può operare nella massima estensione (un terzo) tenuto anche conto dell’incensuratezza dell’imputato e della corretta condotta processuale». Ecco perché i giudici della Corte d’assise d’appello dell’Aquila (presidente relatore Armanda Servino, consigliere Carla De Matteis) hanno ridotto a 4 anni, 5 mesi e 10 giorni di reclusione la condanna nei confronti di Giuseppe Giansalvo, accusato dell’omicidio preterintenzionale del fratello Matteo, appena maggiorenne, colpito alla testa con un rullo da pittore nella loro abitazione di contrada Elcine, a Miglianico, il 17 gennaio 2021. La condanna è stata determinata partendo dalla pena base di dieci anni (il minimo edittale), poi ridotta di un terzo per le attenuanti generiche e di un ulteriore terzo per la scelta del rito abbreviato. L’imputato, oggi venticinquenne, difeso dall’avvocato Marco Femminella, al netto del periodo già trascorso in misura cautelare (agli arresti domiciliari), riuscirà a evitare il carcere con una pena alternativa, come l’affidamento in prova ai servizi sociali.
I giudici di secondo grado hanno condiviso tutte le motivazioni che avevano già spinto il giudice Maurizio Sacco a concedere le attenuanti generiche (in quel caso non nel massimo consentito), vale a dire «il clima familiare nel quale è maturato il fatto delittuoso, caratterizzato dalle difficoltà, anche di natura economica, connesse alla recente perdita della figura paterna, che avevano portato l’imputato, nonostante la giovanissima età (ventenne all’epoca del fatto), a rivestire il ruolo di capofamiglia con le relative responsabilità».
Ricostruisce la Corte: «Giuseppe Giansalvo, nel corso del primo interrogatorio, ha premesso che, già nel corso della mattinata, aveva avuto una discussione con il fratello minore Matteo per via delle minacce che quest’ultimo aveva rivolto alla madre, che non aveva voluto dargli le sigarette. In quel contesto, aveva rimproverato il fratello e si era ripreso il rullo che gli aveva in precedenza prestato per tinteggiare la camera. Qualche ora dopo, mentre si trovava a letto nella sua stanza, Matteo era entrato, pretendendo la consegna del rullo e lui, ancora una volta, si era rifiutato di darglielo. A quel punto, entrambi avevano afferrato il rullo, Matteo dalla parte spugnosa e lui dalla parte del manico. Nel corso del litigio, la parte spugnosa del rullo si era sfilata, Matteo gli era andato contro e lui, per difendersi, aveva alzato il braccio, colpendo il fratello con la punta del rullo, rimasta priva della copertura in spugna. Giuseppe ha precisato di non aver avuto intenzione di fare del male al fratello e di non ricordare quanta forza avesse impresso nel colpirlo».
Ma, per i giudici aquilani, vanno esclusi i presupposti della legittima difesa o del relativo eccesso colposo: «È stato infatti lo stesso imputato a intraprendere, accettandolo, lo scontro fisico con il fratello pur potendo evitarlo, uscendo dalla stanza e lasciandogli l’attrezzo oggetto del contendere, e pur potendo, ancora, invocare l’aiuto dei familiari, presenti a pochi passi da lui, nella stessa abitazione».