Un altro effetto della crisi: violenze nelle famiglie

Cuonzo: i problemi maggiori nelle case dove si è perso il posto di lavoro Spesso questa situazione fa cadere in depressione i figli adolescenti

LANCIANO. «La più grande povertà che c’è nel mondo non è la mancanza di cibo, ma quella di amore». Sono queste parole di Madre Teresa di Calcutta a campeggiare sulla brochure che la Caritas diocesana ha preparato per annunciare l’avvio dei progetto “I giorni dell’Otium”, i giorni di riflessione-contemplazione sui temi che emergono più di ogni altro nei centri di ascolto diocesani, là dove le famiglie entrano per chiedere un aiuto, un sostegno che non è solo economico, ma anche psicologico. Si cercano parole di conforto, e appunto, di amore. Sono giorni dedicati a convegni, sei in programma dal 7 novembre al 5 aprile, su temi come l’impoverimento, e le azioni per uscirne, la famiglia e l’economia, gli stili di vita, la libertà.

«Sono temi importanti», dice Luigi Cuonzo, responsabile della Caritas diocesana, «di cui la Caritas, con il sostegno del suo neonato braccio operativo, l’associazione Joseph presieduta da RosaliaTerrei, deve farsi carico. Questo perché la Caritas è conosciuta come bancomat di servizi e “pacchettificio”, invece è molto di più, è un organismo pastorale che svolge una funzione pedagogica. Anche se sempre più ci troviamo a dover dare aiuti materiali - tanto che a breve sarà realizzato un centro di aiuti, il chiostro della Divina Provvidenza nella chiesa di sant’Agostino, ndc - perché purtroppo cresce il numero dei poveri. Nel convegno di giovedì a Palazzo degli studi “Cinque pani e due pesci. Dal bisogno all’azione. Strategie e gesti concreti con l’impoverimento”, presenteremo anche il report sulla povertà nella diocesi. E i numeri sono da capogiro».

Nell’archivio Caritas sono censite mille famiglie in difficoltà, ma altre mille-1.300 sono aiutate da altre associazioni. Quindi nella diocesi ci sono 2.300 famiglie in difficoltà. Nel rapporto sulla povertà del 2010 erano 341. «Crescono i poveri, ma cambiano anche gli stili di vita», aggiunge Cuonzo, «non c’è più lo stereotipo dell’extracomunitario bisognoso di aiuto; il 90% delle famiglie sono italiane, anche di piccoli imprenditori. Non c’è neanche più lo stereotipo della badante straniera». Perché quasi non c’è più necessità delle badanti. Si presentano in Caritas anche uomini per questo lavoro, che però viene svolto all’interno della famiglia stessa, perché molti sono senza lavoro, restano a casa. «La crisi ha effetti devastanti sulle famiglie che si spezzano sotto il peso dell’aumento della violenza tra le mura domestiche e degli adolescenti che cadono in depressione», fa notare Cuonzo, «problemi che esplodono in quel 40% di famiglie che devono tirare la cinghia, più che nel 30% di famiglie che non hanno nulla o nel 30% di quelle in cui c’è chi svolge dei lavori saltuari».

«È drammatica la crescita di violenza in casa conseguenza della perdita di lavoro e della crisi», racconta Anna Luciani, del Centro di ascolto della parrocchia di San Pietro, «ascoltiamo storie di donne che scappano da mariti diventati violenti, che scaricano rabbia e tensioni su mogli e figli. Gli ultimi due casi, pochi giorni fa».

«La crisi genera violenza», riprende il direttore Caritas, «e odio razziale. In Caritas abbiamo paura quando vediamo che entra un italiano e vede che qui c’è uno straniero perché l’italiano inizia a offendere lo straniero, lo incolpa di avergli “rubato” il lavoro. Poi c’è l’effetto della crisi sugli adolescenti che quando vedono il padre, o la madre bussare alle nostre porte entrano in depressione e addirittura abbandonano la scuola».

Teresa Di Rocco

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