«Un chilo di coca al mese», la sfida al cartello rivale: le intercettazioni della maxi-operazione a Chieti

Erano pronti a subentrare anche alla gang dominicana fermata pochi giorni fa. E a un complice avevano dato l’incarico di scoprire chi li aveva denunciati
CHIETI. «Piazzare oltre un chilo di cocaina al mese e fare la concorrenza ai dominicani». La frase, intercettata dai poliziotti della squadra mobile di Chieti, è un piano d’azione, un proposito strategico che delinea un progetto di espansione preciso. A parlare, non sapendo di essere ascoltato, è il cubano Amed Quesada, 32 anni, in una conversazione del 16 maggio 2025 in cui esplicita la sua volontà di imporsi sulla piazza e di sfidare apertamente il gruppo che contendeva al suo il controllo del territorio. Un piano che, secondo la lettura investigativa, si sarebbe poi saldato con il vuoto di potere creato dopo l’operazione Dominica di ottobre da parte dei carabinieri. «Erano convinti di poter allargare la loro attività anche al territorio che era stato liberato dai dominicani», spiega il questore Leonida Marseglia, affiancato dal commissario capo Francesco D’Antonio.
Il progetto di Quesada non era un’ipotesi astratta, ma poggiava su una solida struttura criminale e su una violenza predatoria ricostruita nell’inchiesta coordinata dal procuratore capo Giampiero Di Florio e dal pubblico ministero Giancarlo Ciani. Il giudice Maurizio Sacco, nel disporre la custodia in carcere per il cubano, parla di una pericolosità che non può essere contenuta con misure diverse, fondata su una carriera criminale rilevante. La sua caratura emerge non solo dalla brutalità della rapina del 25 aprile a Chieti, ma dalla sua capacità organizzativa e dalla sua spregiudicatezza. Dopo l’arresto della compagna Joyce Cocco, l’8 maggio, non si ferma. Anzi, riorganizza la rete con una rapidità che impressiona gli inquirenti, dimostrando una notevole capacità di reazione. Incarica G.C. (non indagato in questo procedimento), pregiudicato attivo sulla piazza frentana, di recuperare crediti per oltre 10.000 euro da una lista di clienti e di individuare chi potesse aver denunciato Cocco, un chiaro segnale della volontà di punire chiunque osasse collaborare con la giustizia. Parallelamente, riallaccia i contatti logistici, si affida a Nicola Di Renzo come custode abituale della droga e si muove personalmente per garantire le forniture, compiendo due viaggi nel Lazio, ad Aprilia, per acquistare cocaina da Elton Qerreti, un fornitore con base ad Aprilia. I viaggi sono documentati e precisi: 200 grammi di cocaina acquistati il 16 maggio, altri 140 il 29 dello stesso mese, a dimostrazione di un’attività frenetica e costante per non lasciare scoperto il mercato.
Al suo fianco, Joyce, 25 anni, non è una semplice comprimaria. Anche per lei il giudice sottolinea una marcata pericolosità, evidenziata da una «spiccata proclività a delinquere e un profondo inserimento in contesti illeciti». Sul suo smartphone, la filosofia criminale del gruppo è riassunta in modo agghiacciante nel nome dato alla lista dei debitori: «Plata o plomo?!», argento o piombo. Una minaccia che non ha bisogno di interpretazioni e che fotografa la mentalità di un gruppo che, secondo il giudice, agiva con una totale assenza di capacità inibitoria. La sua freddezza, dice ancora l’accusa, è tale che nemmeno una violenta aggressione subita da lei a opera di Quesada, che ne ha determinato il ricovero in ospedale, la ferma dal perseguire gli affari illeciti, dimostrando una determinazione e una resilienza criminale che la rendono pienamente partecipe del progetto di espansione. È questo mix di organizzazione logistica, violenza e determinazione che rendeva credibile e pericolosa la sfida lanciata da Quesada al sistema criminale preesistente. L’aggressione del 25 aprile, con la pistola Walther calibro 6.35 carica puntata contro le vittime e la refurtiva di lusso sottratta, non era solo una riscossione, ma un vero e proprio atto di marketing del terrore. Serviva a mandare un messaggio forte e chiaro.
Il giudice, nelle sue valutazioni, parla di un’azione violenta di «grave impatto e di immediata visibilità nell’ambiente criminoso», finalizzata proprio a «rafforzare il ruolo di primo piano detenuto nell’ambito di tale traffico illecito».
Ma mentre Quesada pianificava la sua scalata, il terreno sotto i suoi piedi già franava sotto i colpi della squadra mobile. Il primo riscontro arriva il giorno dopo il primo viaggio ad Aprilia: il 17 maggio, uno degli uomini della rete, Ali Niang, viene fermato con una parte di quei 200 grammi di cocaina. Il gruppo però non si ferma e, meno di due settimane dopo, Quesada organizza il secondo carico. Ma anche questa volta la polizia è in agguato: il 29 maggio, Salvatore Morano, incaricato del trasporto, viene bloccato sull’autostrada A25 con tutti i 140 grammi di cocaina appena acquistati. Episodi che dimostrano come il blitz finale sia stato solo l’ultimo atto di un’indagine paziente, che stava già smantellando pezzo per pezzo la rete, chiudendo il cerchio su un gruppo che si sentiva ormai padrone del territorio.