Un ritratto riapre la ricerca sugli internati 

Casoli. Dal quadro di una 89enne la storia del pittore ebreo Brasch, deportato da Trieste nel campo fascista

CASOLI. Conserva ancora, dopo ottant’anni, il ritratto che la ritrae bambina, ricorda ancora l’autore e ne parla con lucidità e immutata emozione. La ragazza ritratta, Iolanda Cagnina, oggi ha 89 anni; chi la ritrasse fu Hans Brasch, pittore ebreo tedesco, internato nel campo fascista di Casoli. A scoprire questa vicenda, così come tante altre, è un giovane studioso, Giuseppe Lorentini, autore della ricerca sulla storia del campo di concentramento fascista di Casoli, che ha messo a disposizione tutta la documentazione sul sito www.campocasoli.org. La signora Iolanda ha deciso di donare il quadro a Lorentini, affinché egli possa conservare la memoria e la storia di Brasch.
Nato nel 1890, diplomato all’Accademia delle Belle Arti di Berlino, il cui nome fu italianizzato dal regime fascista in “Giovanni”, Brasch risiedeva a Trieste ma il 9 luglio 1940, dopo la retata del 15 giugno, fu deportato nel campo di concentramento di Casoli con altri 50 “ebrei stranieri” tutti residenti a Trieste. Cosa ci faceva la piccola Iolanda a Casoli, visto che casolana non era? È una storia nella storia. Nata a Priverno (Latina) si trasferì da Roma in Abruzzo, a 8 anni, perché il padre, cancelliere di Cassazione, per non “mettersi la camicia nera” fu punito e trasferito a Casoli nella locale pretura. Il pittore Brasch, durante il suo internamento, produsse delle opere, molto probabilmente per conto delle personalità più importanti del luogo. Nel maggio del 1942 tutti gli ebrei dal campo di Casoli furono trasferiti nel campo di Campagna, in provincia di Salerno. L’ultima documentazione disponibile negli archivi ci conferma la presenza di Brasch a Campagna nel gennaio 1945.
«È stata una grande emozione», dice Lorentini, «aver ricevuto la mail della signora Rita che voleva mettermi a disposizione la testimonianza di sua zia Iolanda e donarmi il quadro». Lorentini continua le ricerche e scopre che a Salerno il pittore Angelo Batti (classe 1933) è stato allievo nello studio dell’acquarellista tedesco Brasch. Lo storico non esita a scrivere ad Angelo Batti che risponde: «Conobbi Brasch a Salerno, dove allora abitavo, nel 1955. Diventammo subito amici e si dipingeva insieme traendo scorci ovunque. Ricordo il suo triste racconto di tutti i suoi familiari trucidati e solo lui sfuggì alla cattura».
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