Lo scrittore Sandro Veronesi

L'INTERVISTA / SANDRO VERONESI

«Amo l’Abruzzo narrato da Fante. E sono arrabbiato» 

Lo scrittore presenta al Fla di Pescara Il Colibrì. «Ai politici consiglio L’elogio della lentezza»

PESCARA. Un secondo, neanche il tempo di un sospiro, e già il colibrì ha battuto le ali ottanta volte. Per restare apparentemente fermo, sospeso nell’aria. Sandro Veronesi ha scelto l’uccellino più piccolo tra i suoi simili e l’unico che ha la capacità di restare immobile in volo con un lavoro vorticoso per il titolo del suo nuovo romanzo, Il Colibrì dunque, uscito da pochissimo per La Nave di Teseo, nella collana Oceani, che il pluripremiato autore fiorentino (1959) – tra gli altri suoi libri Caos Calmo che vince anche lo Strega nel 2006 per poi diventare un film di Nanni Moretti, e sei anni prima dei Campiello e Viareggio La forza del passato e Terre rare – presenterà a Pescara oggi al Fla – Festival di libri e altre cose, alle 19 all’Auditorium Petruzzi. Arrivato a 4 anni da Non dirlo. Il Vangelo di Marco (Bompiani, 2015), a 3 da Un dio ti guarda ( La Nave di Teseo, 2016) e a meno di un anno dal lucido libro-pamphlet Cani d'estate (La Nave di Teseo, 2018).

La copertina dell'ultimo romanzo di Sandro Veronesi, Il Colibrì

Il Colibrì è un romanzo sul dolore e sulla forza struggente della vita.
Marco Carrera, il protagonista, è il colibrì, soprannome che si porterà dietro fin da bambino, quando era più piccolo, molto, dei suoi compagni. E presto ci si accorge che quel paragone col minuscolo volatile non è dovuto solo al suo fisico. La sua è una vita di perdite e di dolore, il suo passato sembra trascinarlo sempre più a fondo, ma Marco non precipita: il suo è un movimento frenetico per rimanere saldo, fermo e, anzi, risalire, capace di straordinarie acrobazie esistenziali. Apparentemente immobile, “lavora” vertiginosamente per consentirsi oltre alla stasi assoluta anche di volare all’indietro.
Il Colibrì: tanta energia per restare fermi. Veronesi come è nato questo libro?
Si è creato nella mia testa nel tempo. Negli anni si è incrostato questo personaggio che da un momento in poi si è impegnato a trattenere le cose nel loro stato, se stesso e la vita intorno, mentre pure avvenivano dolorosi cambiamenti. E si è creata e voglia di raccontarci una storia. E mi piaceva che le donne assumessero via via un un ruolo fondamentale nel racconto. Marco ha tutte donne intorno a sé, non è certo un libertino, ma la sua storia è segnata dalle donne. Sarà perché anche la mia ne è disseminata, nella editoria e in tutto ho a che fare solo con donne: il mio editore è donna (Elisabetta Sgarbi ndr), l’80 per cento delle scrittrici.... Per cui è stato naturale per me che questo uomo anziano avesse intorno donne, madre, la nipote e via. Non è un Don Giovanni, no, ma una persona che nell’ultima parte di una vita dolorosa coglie il senso dell’esistenza grazie alle donne che incontra che gli procurano questa gioia e rivelazione.
Lei è uno scrittore tra i più letti, ha vinto tanti premi, quando ha capito di poter vivere di scrittura?
Io non è che vivo di scrittura, ovvero ci sono dei periodi in cui vivo di scrittura e periodi no. Scrivo sceneggiature, articoli e altro con cui riesco a campare, ma è una cosa diversa. Insomma, potrei dire che fare promozione dei miei libri non mi costa perché sono pagato, ma scrivere scrivo gratis. Bada bene quello che mi danno come compenso va benissimo, ma un romanzo è un piacere, anche un dolore in effetti, e lo scriverei comunque. Iol avoro molto – testi di programmi, articoli – ma non posso dire di vivere con le royalties, va bene Caos calmo, ma poi... finito.
In questi ultimi anni lei ha mostrato una certa insofferenza verso una serie di situazioni sociali e politiche e l’ha espressa con forza. Cosa la fa arrabbiare intorno a lei, cosa le piace e cosa no di questa Italia?
Guardi, io l’anno scorso non dormivo dalla rabbia, mi tremavano le mani a sentire la propaganda bieca dello smantellamento del soccorso in mare. Il soccorso in mare è una cosa sacra, ma da epoca fenicia, non da ora! E non ho retto più, ho dovuto cambiare il mio modo di fare, ero a casa mia e sono dovuto uscire, mi sono ritrovato a combattere in pubblico l’ ignoranza, la recrudescenza del protofascismo in realtà mai scomparso dalla nostra identità e ora sostenuto da una larga fetta di persone con un personaggio a fare lo sponsor. Alloro mi son fermato con il romanzo e ho scritto altro e sono andato a manifestare. Mi ero posto come punto di riferimento e non potevo sottrarmi, ma ho scoperto che c’era un problema serio di fasci razzismo, e il suo sdoganamento per biechi fini elettorali, che considero pericoloso, sebbene molti ben pensanti ridano: “Esageri!”. E poi quarda il giornale di ieri: c’entra il nazismo nel caso Verona. Mi fa arrabbiare che un Paese benvoluto nel mondo e con la sua eredità culturale si metta a fare queste figure immonde, raccattando cose bieche come il sovranismo, è veramente grave e finché ci sarà chi le sottovaluta, non solo chi le appoggia, io quieto non me ne sto. Lo dico da sotto una catasta di insulti e minacce di morte ricevute via social, che anche se meno pericolose che fatte in faccia, bene non ti fanno stare. E se mi scappa qualcosa con quel linguaggio tutti si improvvisano signorine e collegiali.
Quindi ci possiamo aspettare un nuovo panphlet?
No. L’hanno scorso ho pubblicato un libro su questo sconvolgimento, avevo 59 anni e non pensavo e mai di ritrovarmi in prima fila: di quello che mi aveva ferito e toccato ne ho dato conto in quel libretto (Cani d'estate ndr), prima era uscito fuori Albinati, quindi testimonianze di scrittori e scrittrici che saliti a bordo e da terra hanno fatto la loro parte.
Quali libri o autori consiglierebbe a un giovane oggi?
Io gli direi di leggere un autore nuovo, Marco Amerighi, Le nostre ore contate, uscito per Le Strade Blu di Mondadori, è bellissimo. E poi gli direi di scoprire, perché si tratta di scoperta vera, Allan Gurganus, autore americano che qui in Italia è stato edito da Leonardo mentre falliva ed è poco conosciuto, ma ha avuto un enorme successo nel mondo. Forse difficile da trovare ma a te giovane comunque direi vai e riscopri, perché io sono stato molto colpito.
E a un politico che vuole governare che libro consiglierebbe?
Bè, mi piacerebbe che i politici che ci governano avessero letto L’elogio della lentezza di Sten Nadoln uscito per Garzanti. É la biografia di John Franklin (1786-1847), uno dei più grandi esploratori artici inglesi che sin da piccolo è affetto da una serie di limiti fisici che lo rendono lento. Un disadattato, si direbbe: era lento ed è stato esploratore fantastico, ha avuto una vita avventurosa. Nella lentezza trovava la sua forza.
Tra i suoi libri quale le è più caro?
Direi il figliolo meno fortunato, Venite Venite B53: ha avuto minor presa, ma io non lo trovo inferiore agli altri, eppure non è stato tradotto, non fu neanche recensito. Poi magari ci sta che non piace, ma per me è stato solo sfortunato.
Ha scelto di venire al Fla, lei frequenta i festival, le piace il rapporto diretto con i lettori?
Dipende. Se c’è una organizzazione che fidelizza e un entusiasmo sì. A volte invece ti aspettano al varco con presentazioni polverose e platee aggressive che vogliono solo creare il brutto clima che hanno nella loro testa. Ne faccio anche a meno.
Il suo legame con l’Abruzzo è letterario e anche turistico?
Non sono stato in vacanza in Abruzzo. Ma sono stato a Torricella Peligna al Festival Il dio di mio padre dedicato John Fante e mi sono beccato anche una broncopolmonite, in agosto. Ma se doveva essere sia. L’Abruzzo montano mi è familiare per il tramite di Fante, che pure non lo ha non visto ma sentito raccontare dai familiari da qui emigrati. E Io amo Fante, lo amo da 35 anni, da quando era misconosciuto, E sono orgoglioso che ora abbia pIù pubblico, e per me l’Abruzzo è indissolubilmente legato a Fante.
©RIPRODUZIONE RISERVATA