Casoli ricorda l’infamia dei campi di concentramento 

Domenica e lunedì convegni e presentazioni di libri per rievocare  l’oppressione degli ebrei e degli oppositori politici ad opera dai nazi-fascisti

CASOLI. A Casoli saranno due le giornate della memoria dedicate alla persecuzione razzista degli ebrei in Italia ed al loro internamento.
Si inizia domenica 26 con l’inaugurazione alle ore 16 nel cinema-teatro di una mostra storico-documentaria intitolata “I campi di concentramento fascisti in Abruzzo dal 1940 al 1943”.
Organizzata dalla locale sezione Anpi (Associazione nazionale partigiani d'Italia) insieme all’amministrazione comunale, e curata da Giuseppe Lorentini, Kiara F. Abad Bruzzo, Gianni Orecchioni e Nicola Palombaro, la mostra presenta quattordici pannelli di grandi dimensioni che evidenziano come l’Abruzzo sia stato la regione prescelta dal regime fascista per attuare il suo sistema concentrazionario: 63 di semplice internamento cosiddetto “libero”, una sorta di domicilio coatto, e ben 15 di concentramento, tra cui quello di Casoli nelle cantine di Palazzo Tilli, recentemente restaurato e reso visitabile dalla nuova proprietaria Antonella Allegrino, e pubblicizzato online dalle ricerche archivistiche di Giuseppe Lorentini che ne ha fatto un libro pubblicato da “Ombre corte”: “L’ozio coatto”.
Gli ebrei internati, a rotazione perché provenienti dal altri campi e poi destinati altrove, furono 108 dal 1940 ai primi mesi del 1942. Il 4 maggio cominciarono ad essere sostituiti da internati antifascisti sloveni, che, per la cronaca, vennero trattati dai custodi e dai casolani molto peggio degli ebrei poiché sprovvisti di risorse.
Uno di questi fu il pittore Ljubo Ravnikar che rappresentò il campo di Casoli su alcuni acquerelli riprodotti sui cartelloni della mostra e che faranno da cornice ad una conferenza, coordinata da Cecilia Di Paolo, dal titolo “La paura dell’altro: dalle leggi razziste alla deportazione”, con la partecipazione di Lorentini, Orecchioni, Palombaro ed il giovane storico Manuele Gianfrancesco.
Si parlerà anche del campo di Villa Sorge a Lanciano, documentato in maniera straordinaria da Maria Eisenstein conil libro “L’internata n. 6”, ripubblicato quindici anni fa ed oggi di nuovo introvabile, e successivamente da Gianni Orecchioni in “I sassi e le ombre”.
Ma saranno presenti anche personalità straniere: gli storici sloveni Boris e Metka Gombac, e Katarina Bebler, nata a Lanciano da internati membri della resistenza jugoslava; dalla Svizzera, invece, arriveranno Maria Emilia Szenwic Yazbeck e Dany Yazbeck, figlia e nipote di internati ebrei a Lanciano; mentre dall’Inghilterra si farà vivo Robert Andrews, figlio di Joyce Garbutt, internata pure lei a Villa Sorge.
Sarà intensa anche la giornata di lunedì 27 gennaio, con la presentazione mattutina al cinema-teatro di Casoli di un libro sulle leggi razziali antiebraiche, “Vietato studiare Vietato insegnare”, curato da Manuele Gianfrancesco e Vincenza Iossa, responsabile della biblioteca del ministero della Pubblica istruzione, e con la presenza degli studenti dell’ Istituto superiore Algeri Marino di Casoli, e altre scolaresche di Tornareccio, Sant’Eusanio del Sangro e San Valentino in Abruzzo Citeriore.
Seguirà la piantumazione di un ulivo in Piazza della Memoria, prospiciente Palazzo Tilli, e nel pomeriggio la presentazione di un ulteriore libro, già famoso e casualmente iniziatore di questo risveglio casolano sugli internati ebrei: “Non era una donna, era un bandito” di Livio Sirovich, che nella sua Trieste si imbatté, anni fa, nel nome di Rita Rosani, una giovane ebrea partigiana, fidanzata con Giacomo Nagler, internato a Casoli, con cui intrattenne una lunga e conflittuale corrispondenza. Nagler ed altri nove finirono ad Auschwitz, mentre Rita venne uccisa dai militi fascisti sui monti della Valpolicella.
I loro nomi e le loro storie, insieme a tanti altri, rivivono nelle lettere, nelle foto d’archivio e nei libri citati, destinati a durare nel tempo ed a suscitare ancora oggi paure, orrore e speranze.
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