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Caterina Carone: «La mia fiaba d’inverno si chiama cinema»

La regista di Sant’Omero esordisce nel lungometraggio con il film “Fräulein”, con Christian De Sica protagonista

Un lago gelato e un disgelo emotivo, una tempesta solare e una tempesta del cuore. E la strabiliante coppia inedita Christian De Sica e Lucia Mascino per l'opera prima della regista abruzzese Caterina Carone. Esce domani “Fräulein - Una fiaba d'inverno”, primo lungometraggio di fiction della cineasta di Sant'Omero (34 anni il prossimo 20 giugno), pluripremiata autrice di documentari dalla solida formazione: diploma alla Zelig di Bolzano, scuola di documentario televisione nuovi media, dopo la laurea in Scienze della comunicazione a Bologna.

Dopo i docmovie “Le chiavi per il Paradiso” (girato a Sant'Omero), premio Kodak al Festival Libero Bizzarri, e “Valentina Postika in attesa di partire”, premio Solinas, vittoria al Torino Film Festival, nomination ai David di Donatello, Caterina Carone debutta nel cinema di finzione con una commedia romantica su due cuori in inverno, Regina e Walter. Lei, interpretata da Lucia Mascino ("mamma imperfetta" per la web serie e poi film di Cotroneo, nonché apprezzata attrice di teatro), è la scorbutica proprietaria di un albergo di montagna chiuso da tempo, dove vive isolata; i paesani la chiamano Fräulein per la sua asprezza. Carattere opposto Walter, affidato al mattatore Christian De Sica, gentile fanciullone sessantenne piombato nell'albergo di lei con la pretesa di soggiornarvi. Intorno il paesaggio dell'Alto Adige e l'incombere di una tempesta solare, con blackout e disturbi ai telefoni.

La santomerese Caterina Carone, che oggi vive tra Torino e Roma, ha raccontato di sé e del suo film al Centro.

Com'è nato il film? E dove e quando è stato girato?

«Ho partecipato col soggetto al concorso della Film Commission dell'Alto Adige che invitava a scrivere una storia ambientata lì. Ho collocato la storia in una zona che conosco bene, l'altopiano del Renon, sopra Bolzano, città dove ho studiato tre anni. Un luogo dove andavo spesso a passeggiare, una sorta di set a cielo aperto, con architetture fiabesche. Un posto che esiste, ma anche no. Essendo una fiaba, non volevo riferimenti precisi. Abbiamo girato in pieno inverno, a gennaio e febbraio 2015».

Com'è avvenuto il passaggio dal cinema del reale alla finzione?

«Ho iniziato facendo documentari, ma amo la narrazione in ogni forma. Scrivo anche racconti. Poi sono le storie stesse a dirti come raccontarle. Il germe della sceneggiatura di “Fräulein” parte da tre elementi: quei luoghi, quel titolo che mi frullava in testa, un lago ghiacciato. Quest'ultimo è un elemento simbolico, poiché il film racconta il disgelo emotivo della protagonista».

Anche la tempesta solare ha funzione simbolica?

«È una metafora molto semplice delle tempeste emotive della vita. Nella sceneggiatura ho lavorato per stratificazioni: un uomo e una donna si aiutano a crescere nella loro solitudine; poi ho aggiunto altri personaggi, le amiche di lei e gli anziani del paese; la tempesta è l'elemento che abbraccia tutti i personaggi, ognuno un po' bizzarro».

Ha pensato subito a Christian De Sica per il ruolo di Walter?

«La scelta è venuta fuori progressivamente. L'ho riconosciuto pian piano nelle pagine della sceneggiatura. Lui e la tempesta arrivano insieme a sconvolgere la vita di lei. Christian-Walter è una specie di alieno, sembra arrivare da un altro set, da “Vacanze di Natale”, con il bomber giallo e gli occhiali a specchio. È un gioco metacinematografico su un personaggio che cambia segno, togliendosi i panni del cinepanettone. C'è una grossa frattura in Italia tra cinema impegnato e commedia commerciale, come se in mezzo non vi fosse niente. Questo film tenta di essere d'autore e popolare».

De Sica ha accettato subito il ruolo? Com'è stato il rapporto sul set con lui e Lucia Mascino?

«Sua moglie Silvia Verdone, che è anche la sua agente, ha letto la sceneggiatura e l'ha apprezzata moltissimo. È stata la prima fan del film. Anche lui ha accettato subito. Era contento e stupito della proposta di una giovane regista. Christian è un artista totale. Sul set è andata molto bene. Lui è stato molto protettivo, sapendo che era un'opera prima. Inoltre si sono trovati benissimo lui e Lucia, attrice che amo molto, capace di mettere l'anima nei personaggi. Ho potuto lavorare in modo libero con lei, si è lasciata imbruttire in un personaggio inselvatichito».

A Sant'Omero torna spesso?

«Torno periodicamente. I miei genitori sono lì in Val Vibrata. Sant'Omero è la mia patria. Soffro quando la stampa scrive che sono marchigiana, sono solo nata ad Ascoli, ma sono cresciuta in Abruzzo e spero di girarvi il prossimo film».

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