Qui e nel testo Simone D’Angelo in una nota campagna pubblicitaria

IL PERSONAGGIO / SIMONE D'ANGELO

Cuore biancorosso e corpo da vichingo, un top model sul set

L’indossatore teramano conteso dalle grandi griffe presenta il fashion film Fances: «Una storia di razzismo e pregiudizi»

TERAMO. Quattro ragazzi, etnie diverse, la diffidenza vinta in una partitella a basket su un campetto di strada, una birra, risate. Un racconto urbano che invita a superare i frettolosi giudizi dettati dalle apparenze è condensato nei due minuti di Fences (recinzioni), film ideato dal modello teramano Simone D’Angelo.

«È una piccola storia su razzismo e pregiudizio. Ognuno deve poter dimostrare chi è e cosa sa fare, indipendentemente dall’aspetto esteriore. La moda è la mia passione, grazie a lei ho visto posti splendidi e tratto insegnamenti profondi. Amo la moda anche perché in questo settore più sei diverso e più sei unico». E unico lo è Simone D'Angelo col suo aspetto da vichingo. Capelli lunghi biondo-rossicci come la barba, occhi azzurri, fisico scultoreo, tatuaggi, sembra uscito da una saga nordica e non dal centro storico di Teramo, quartiere Spirito Santo, a due passi dal vecchio stadio. «Ho il cuore biancorosso» sottolinea «Dall’età di sei anni ho giocato nelle giovanili del Teramo. Ho continuato fino al trasferimento a Urbino per l’università, ma il calcio rimane una passione, gioco con gli amici. Vivo a Milano da quattro anni, ma a Teramo sono molto legato, lì ho la famiglia e gli amici più cari». L’indossatore abruzzese, 27 anni compiuti il 7 aprile, un fratello chef, ha firmato il primo contratto sei anni fa con l'agenzia Joy Model, prima di passare nel 2017 alla Brave. Da adolescente ha partecipato in Abruzzo a concorsi di bellezza e campagne pubblicitarie per marchi locali. Ora nel suo book si contano campagne da protagonista per brand celebri come The Bridge e Ray-Ban, presentazioni nella Fashion Week per Corneliani e Isaia, servizi fotografici apparsi nelle vetrine di Spagna e Giappone, fashion film, video musicali (Salmo, Francesca Monte), spot, come quello spassoso con Herbert Ballerina.

Com’è iniziato il suo percorso nella moda?

A 16 anni ho partecipato ai primi concorsi di bellezza e fatto i primi servizi fotografici. Ho posato per brand abruzzesi come Ervasia, Yes I Am e, grazie al fotografo Fabrizio Panichi, Top&Top. Sarò sempre grato a questi marchi. Ho capito che potevo fare qualcosa in più e per caso, attraverso il post su facebook di un’amica, ho contattato con molta faccia tosta un modello professionista. Lui, diventato da poco scouter, mi ha proposto a diverse agenzie e tra quelle che hanno risposto c'era la Joy, con cui ho firmato il primo contratto professionistico. Da tre anni sono con la Brave, dove mi trovo benissimo. Riesco a vivere bene, ma ci sono alti e bassi.

Che ripercussioni ha avuto l’emergenza sanitaria?

Molti lavori sono saltati, un catalogo per la Marina Militare, uno shooting in Francia, una campagna in Scozia per i piumini Cape Horn. Saltata la partenza, abbiamo spostato il set in Val d’Aosta. Abbiamo lavorato una settimana sul Monte Bianco a 3mila metri, freddo polare ma mi sono divertito, ho anche guidato la slitta coi cani. È stato l’ultimo lavoro prima della chiusura. Ora dobbiamo ripartire pian piano, anche perché molti brand producono all'estero e finché non tornano i capi non possiamo scattare. Spero che i marchi piccoli riescano a ripartire continuando il loro sogno.

Sfila in passerella?

Non ho fatto sfilate, ma non le escludo. Mi si avvicinano di più le case sartoriali, o marchi come Levi's e Timberland. Sono prettamente un modello commerciale, per shooting, cataloghi, editoriali, spot, magazine, a settembre sarò in copertina sulla rivista Fashink con Martina Cavedini. Poi ci sono i modelli fashion, più magri e più alti, sebbene io sia 1.86, che vanno in passerella, ai quali puoi mettere più capi indosso.

Parte del suo successo sta anche nella barba?

Da 6 anni non la rado a zero. L’ho portata anche più lunga, col baffo girato all’nsù, da hipster, per The Bridge, con cui ho lavorato più volte.

I suoi genitori hanno assecondato la scelta di fare il modello?

Mi hanno sempre appoggiato, correggendomi quando occorreva. Ovviamente hanno puntato più sullo studio, ma mi hanno sempre sostenuto. Ho ripagato la loro fiducia completando gli studi. Mi sono laureato in Scienze motorie a Urbino e specializzato a Milano in Teoria, tecnica e didattica dello sport.

Quindi ha un piano B.

È tutto piano A, anche l’insegnamento.

Che consiglia a un ragazzo che vuol fare il modello?

Ci sono venditori di sogni da cui guardarsi? È pieno. Meglio lasciar perdere le agenzie che chiedono molti soldi per realizzare un book fotografico o propongono corsi costosi di portamento. Un book non deve per forza essere a pagamento e per sfilare non servono corsi di portamento, alla fine è una semplice camminata con la testa alta e le spalle dritte. Poi ogni stilista decide il mood della sfilata e in base a quello la camminata potrà essere lenta o veloce. Per gli uomini i corsi non servono, qualche ora prima si fanno le prove e tanto basta per essere pronti.

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