De Piscopo a Celano, l’intervista: «Non sono un “razzista musicale”, l’importante è suonare»

4 Agosto 2025

Il batterista partenopeo sarà in concerto questa sera. Un viaggio tra i suoi successi che omaggerà anche l’amico Pino Daniele: «Non sono uno che si piange addosso e non faccio vacanze»

CELANO. «Il nostro codice è uno solo: la musica… ‘a museca»: Tullio De Piscopo lo ripete come un mantra, con l’energia di chi suona da una vita e non ha mai smesso di farlo. Niente generi, etichette o veti: solo musica, suonata col cuore, attraversando stagioni e stili con la stessa voglia di lasciare un segno. Classe 1946, napoletano, figlio di suoni di strada e memorie incastonate tra le mattine d’estate e i vicoli del quartiere, De Piscopo torna in Abruzzo con lo spettacolo I Colori della Musica, un viaggio sonoro che ripercorre una carriera leggendaria. In programma un live questa sera (ore 21.30) al Castello Piccolomini di Celano. L’appuntamento rientra nel cartellone del festival “AdArte” diretto dal maestro Davide Cavuti.

Un'iniziativa giunta alla sua quinta edizione, nata da un’idea dell’assessore comunale Antonella De Santis e organizzata dal Comune di Celano. Tra gli altri ospiti di questa edizione anche Sergio Cammariere, Giò Di Tonno, Marco Bocci e il premio oscar Nicola Piovani, quest'ultimo atteso martedì, nella serata successiva. I Colori della Musica si propone come un racconto in note che attraversa i momenti più intensi della carriera di De Piscopo: dalle celebri collaborazioni con artisti come Astor Piazzolla, Quincy Jones, Gerry Mulligan, Chet Baker, Mina, Pino Daniele, fino ai brani che lo hanno consacrato al grande pubblico, come Andamento Lento, Pummarola Blues, Namina.

Un repertorio ricco di successi che hanno fatto di lui un caposcuola del sound mediterraneo, riconosciuto da premi prestigiosi come l’onorificenza dell’Accademia Medicea, il Leone d’Oro alla carriera, il premio 100 Eccellenze Italiane e, più recentemente, il Premio Tenco per i «Suoni della Canzone». Durante il concerto non mancheranno momenti di puro virtuosismo, come la rivisitazione del celebre Libertango, composto dal genio argentino Piazzolla e inciso nel 1974 con De Piscopo alla batteria. «Quella collaborazione fu grande motivo di orgoglio», ricorda.

Maestro, partiamo dal titolo del concerto: cosa rappresentano per lei “i colori della musica”?

«Per me ogni suono ha un colore. Il blu, ad esempio, è il colore del blues. Il rosso? È il tango di Astor Piazzolla. Poi c’è il verde della speranza, la speranza di quando da ragazzo partivo dal Sud verso il Nord, con in testa un sogno e la voglia di costruirmi un futuro. Magari anche comprarmi una casa. E grazie a Andamento lento, ci sono riuscito».

Una speranza diversa dall’ottimismo che è uno po' aspettarsi che tutto vada bene. La speranza, quella vera, è credere che qualunque cosa succeda, ciò che fai abbia un senso.

«Già. È così che ho vissuto la mia carriera, cercando sempre un significato in ogni nota, in ogni collaborazione».

Collaborazioni che l’hanno portata ai massimi livelli della musica internazionale.

«Mi sono sempre trovato al posto giusto nel momento giusto. Ho lavorato con artisti come Quincy Jones, Astor Piazzolla, Gerry Mulligan, Benny Carter. E poi con i grandi italiani: Pino Daniele, che è stato come un fratello, Battiato, De André, Mina. E l’era del Cinghiale Bianco con Battiato è stata pura magia».

Eppure non ha mai rinunciato al dialogo con il pop, con la musica leggera. Come ha vissuto questo “compromesso”?

«Nessun compromesso. L’importante era suonare. L'importante è suonare, lo ribadisco. Non sono uno che si piange addosso davanti alla tv, con il rischio di diventare triste. Io suono. Sempre e da sempre. Non ho mai fatto vacanza. Ho inciso 3.800 registrazioni: un’enormità. Per me esiste solo una cosa: la musica. Chi fa distinzione di genere è un razzista musicale. Io sono per la musica, punto».

Nel concerto ci saranno omaggi a Pino Daniele. Che pezzi ha scelto?

«Non canto le sue canzoni, solo lui poteva farlo. Ma ci saranno atmosfere, brani strumentali, e ogni sera inizio con cinque note magiche dedicate a lui, perché è come invitarlo sul palco. La scaletta poi prende tante direzioni. C’è anche Stop Bajon, che dopo quarant’anni è ancora in classifica».

Che rapporto ha con l’Abruzzo?

«Ci ho suonato tante volte. Mi ricordo concerti a Scurcola Marsicana, si mangiava anche benissimo. E poi L’Aquila, la scalinata di San Bernardino… che emozione. Sono posti che restano nel cuore. Anche perché la mia agenzia è abruzzese, la “Ce Agency”, con base a Giulianova».

Che atmosfera si aspetta dal palco del Castello Piccolomini, dove un paio d’anni fa si è esibito anche Toquinho?

«So che è un posto magico, davvero. Mi piace quando il pubblico si siede, si ascolta come a teatro, anche se siamo all’aperto. Basta solo coprirsi un po’, che il fresco in montagna arriva. Ma poi ci si scalda: basta un colpo di batteria».

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