Calcio

Galeone, la carezza di Sliskovic: «Con lui un calcio unico»

Galeone (al centro) tra Sliskovic e Leo Junior

5 Novembre 2025

L’ex talento slavo del Pescara, 66 anni, ricorda il suo rapporto speciale con il Profeta: «È stato un padre». L’ultimo incontro nel 2019, l’ultima chiacchierata un anno fa al telefono

PESCARA. «Se chiudo gli occhi, lo vedo ancora davanti a me, prima di entrare in campo. Si avvicina, mi poggia le mani sul viso e mi dice: “Baka, oggi vinciamo”. È l’immagine più bella che ho del Gale». Blaz Sliskovic, 66 anni, è appena tornato a casa dopo un intervento al cuore, ma per parlare del suo maestro che non c’è più raccoglie i suoi pensieri più belli. Il genio slavo era il manifesto del calcio galeoniano. «Sapevo da qualche giorno che il mister era in ospedale, ma non pensavo fosse così grave. Speravo riuscisse a vincere questa battaglia, purtroppo non è successo. Quando ho saputo che era morto, è stato un grande dolore. La notizia mi ha distrutto», dice Baka dalla sua Mostar, in Bosnia.

«Aveva 20 anni più di me, io ero un ragazzo quando ci siamo conosciuti. Quanto tempo passato a parlare insieme ogni giorno: per me era davvero come un padre». L’ultimo incontro a Pescara: «Ci siamo visti nel 2019. L’ultima chiacchierata un anno fa, al telefono. Io avevo bisogno di parlare con Allegri: l’ho chiamato per chiedergli il numero. Abbiamo parlato tanto e ci siamo salutati dandoci appuntamento per rivederci a Pescara, ma poi non ci siamo più sentiti. Evidentemente le sue condizioni sono peggiorate».

L’arrivo rocambolesco nell’estate dell’87: «Era l’ultimo giorno di mercato, ero a Torino e mancavano due ore alla chiusura. Ho firmato il contratto con il Pescara quasi a mezzanotte. Il mio procuratore di allora, Pedrag Naletilic, mi ha detto: “Lì c’è un grande allenatore a cui piaci tantissimo, ti conosce, ti ha visto giocare con la Jugoslavia e l’Hajduk Spalato”. Ma io non lo conoscevo: non era un allenatore di serie A, e il Pescara veniva dalla B. Il primo giorno in cui sono arrivato, però, ho sentito subito una vicinanza con lui. Non mi parlava di qualità tecniche, ma mi studiava come persona. Abbiamo iniziato a parlare e confrontarci. Non una o due volte, ma decine di volte. Quasi tutte le sere a cena. E parlando con lui ho capito che avrei voluto fare l’allenatore alla fine della mia carriera. Momenti bellissimi, a casa sua o a casa mia. Ecco, eravamo come un padre e un figlio».

Ma il Gale era innamorato di Sliskovic calciatore, «di come toccavo il pallone e della mia tecnica». L’apice del binomio Baka-Galeone è la salvezza in serie A nell’88, un mese prima della fine del campionato: «Il momento più bello della mia esperienza con lui a Pescara. È stato un periodo magico, per me, per lui, per tutta la squadra e per la città». E la vittoria a San Siro? « Al fischio finale ho pensato: “Ma che abbiamo combinato?”. Diceva: “Noi non guardiamo al nome del nostro avversario”. E questo ci dava fiducia e sicurezza. Questa è stata la differenza tra lui e altri allenatori che ho avuto. Nella comunicazione con i calciatori è stato un grandissimo».

Nel suo cuore resta il ricordo «di un’esperienza incredibile e della strada che mi ha aperto per la carriera di allenatore. Non è un caso che tanti di noi abbiano fatto carriera da allenatore. Come per Gasperini, Allegri, Bergodi, Camplone». Caffè e sigarette: aveva massima libertà, Sliskovic. «Era aperto: non ci imponeva divieti, ma ci chiedeva di fare una vita normale, senza andare mai oltre certi limiti. Unico anche in questo».

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