Ghemon a tutto tondo: «Non emulate Milano, la fortuna è nell’unicità»

Il rapper irpino presente il suo nuovo libro oggi a Pescara. Per l’occasione, si è raccontato a il Centro in un’intervista: «Il mio libro non è una guida, è un diario per chi vive tempi duri»
PESCARA. Ghemon, rapper da Avellino forgiato nelle quattro discipline dell’hip-hop è uno di quegli artisti che non stanno mai fermi nella stessa forma. Da writer a liricista, da cantante soul-rap a performer teatrale, passando per i successi a Sanremo e la stand-up comedy. Nella sua carriera ha deciso di fare anche lo scrittore.
Oggi alle 19 presenta a Pescara il suo nuovo libro Nessuno è una cosa sola al chiosco Arci Spiaggia Libera Tutti.
Un diario, non una guida. Un racconto fatto di dubbi, cambiamenti, esperienze personali e artistiche, che in 43 anni di vita segnano un’evoluzione continua.
Un invito a riconoscersi nella confusione, a restare fedeli a sé stessi. Anche contro l’algoritmo.
Ghemon, lei è stato molte cose: writer, rapper, oggi anche autore. È cambiato qualcosa?
«Ai mestieri che avevo già, si sono aggiunti altri: speaker, comico, podcaster. Ma alla fine, è solo un modo diverso si trattare con le parole. Come nella stand-up: cambia il mezzo, ma il centro resta. Con questo libro era il momento di dire cose nuove».
In che senso?
«Non vuole essere una classica biografia né un libro musicale. Ho cercato un filo, una linea rossa. Dove ognuno può ritrovarsi e affrontare i tempi duri».
Lei ha scritto: «non è una guida ma un diario di dubbi». Sta ancora cercando?
«Tutto è cambiato dai dischi di dieci anni fa. Ma il nucleo, quello vero, è rimasto. Poi come è naturale si evolve».
C’è qualche artista che l’ha ispirata o influenzata davvero in questi anni?
«Non grandi nomi. Persone dietro le quinte. Chi ha creduto nei miei progetti anche quando sembravano folli. Il mio è un percorso solitario, ma fatto di incontri. Sodalizi. Gente che ti incoraggia quando il vento è contro. Controcorrente è difficile nuotare ma queste persone mi hanno aiutato in questo percorso che continua».
Amici o persone persi per strada invece?
«Sì non sa quanti. A volte si cammina insieme, poi le strade si dividono. Non sempre si capisce perché. Ora sono anche discograficamente indipendente. Alcuni rapporti del settore non corrispondevano più. Né con me né con l’algoritmo».
Parliamo di algoritmo e società fluida. Come si resta umani oggi?
«Con molta fatica. Mi piace citare il maratoneta keniota Kipchoge che diceva “la migliore medicina nella vita è la vitamina N”: ovvero saper dire no. Ma dire no oggi è complicatissimo. Se non ti conformi, rischi di restare fuori dal gioco. Ma è l’unico modo per non snaturarsi».
Oggi fare l’artista porta magneticamente verso i grandi centri come Milano, ha un consiglio per chi parte dalla provincia? Per chi parte dall’Abruzzo per esempio?
«Milano è un passaggio, non una destinazione. Oggi si può parlare al mondo restando dove si è. Caparezza sta in Puglia, Salmo in Sardegna. L’identità non ha bisogno di cambiare Cap.Spesso dalla provincia si tende ad imitare il centro perdendo la propria natura.
Io dico: se sei abruzzese fai l’abruzzese, non il milanese. Sono le particolarità che ti contraddistinguono a fare la tua fortuna».
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