La copertina del libro

La strana fama di fate, pandafeche e mazzamurelli 

Pubblicato da David Ferrante il divertente saggio “ Storie di miti, superstizioni e leggende d’Abruzzo”

C’è in Abruzzo un cercatore di magie, deciso a non farsene scappare nemmeno una. Ha ingaggiato una battaglia col tempo, quella di restituire agli abruzzesi la fama di maghi e streghe che da Ovidio, anzi da prima, hanno sempre avuto, quando una regione Abruzzo non esisteva ancora.
È il saggista David Ferrante, appassionato studioso di cultura popolare abruzzese, che vive in provincia di Chieti e che, con l’editore Solfanelli, per Tabula Fati ha appena mandato in libreria “Fate, Pandafeche e Mazzamurelli – Storie di miti, superstizioni e leggende d’Abruzzo” (p. 152, € 12, copertina di Alba Carafa)Per i romani i più famosi ma.
ghi erano i Marsi, i quali vivevano nelle selve attorno al Fucino, terzo lago più esteso d’Italia prima del suo prosciugamento; avevano fama d’incantatori di serpenti, al cui veleno erano immuni, catturati recitando la misteriosa “nenia marsa”; adoravano nella dea Angizia – coperta, come il san Domenico di Cocullo, di serpenti – erano bellicosi guerrieri; e infine, per i primi poeti latini dell’età cristiana, erano apprezzati ai tempi delle persecuzioni – sinistra e bizzarra fama – quali torturatori specializzati in tormenti ai martiri cristiani.
Ma anche le streghe sannitiche abitavano da queste parti; e si animavano nella notte, in arrivo col solstizio, di quello che sarebbe diventato “lu san Giu’anne” (con tutti i suoi riti, cui Ferrante ha già dedicato un libro, in ristampa, per Tabula Fati). In questo appena edito volume, ecco apparire i Mazzamurelli e le Pandafeche: i primi, spiritelli sospesi in quell’indefinita dimensione tra cattiveria e divertimento che solo l’anarchica fantasia popolare sa generare; le seconde, donne un po’ diavolesse, le quali durante il sonno rubano il respiro e paralizzano. Ci sono i lupàri, compagni/amici/nemici dei lupi. C’è la dea Maja. C’è il poeta Ovidio “mago”. Ci sono lu bascialische (il basilisco) e la scurnacchiera (intraducibile fuori del dialetto peligno). Ci sono luoghi magici di grotte e boschi e strapiombi in questo caleidoscopio abruzzese che David Ferrante ha commissionato ad undici autori per altrettanti contributi, oltre al proprio personale. E ha scelto la cifra giusta – la fantasia, il recupero del racconto di paura – per restituire un patrimonio popolare purtroppo destinato all’oblio, in una società che non coltiva più l’evasione, con l’immaginazione, verso il mondo parallelo, assorbita com’è da nuovi riti tecnologici e afflitta da mancanza di comunicazione tra generazioni. Niente di specialistico, dunque, niente di noioso in questo libro: solo meraviglie di “racconti intorno al fuoco” , come ai tempi in cui, nelle notti d’inverno, le fiamme del camino si riflettevano negli occhi di uditori, grandi e piccini, accendendoli. Il libro è stato presentato a Pescara ieri nel primo dei Gelati Letterari alla Playa organizzati dall’editore Marco Solfanelli.