Pescara

L’influencer di Pescara si racconta: «Ecco perché “Sonounfregnoabruzzese”»

13 Agosto 2025

Hugo Mosquera, dai primi lavori in birreria fino alla svolta sui social: «Il sogno è avviare uno show dal vivo con la musica»

​​​PESCARA. Esportare l’animo abruzzese nel mondo dei social. Con questo spirito il pescarese Hugo Mosquera, 28 anni, ha avviato il progetto “Sonounfregnoabruzzese” raggiungendo in poco tempo oltre duecentomila followers, tra comicità intelligente e scene di vita quotidiana raccontata anche con la presenza dei famigliari, su tutti il padre Paolo.

Mi tolga subito una curiosità: il suo nome non è tipicamente abruzzese...

«Mi chiamo Hugo come mio nonno materno che era tedesco e il cognome Mosquera deriva da origini dell’Ecuador. Capisce bene, in mezzo a tutta questa confusione, che non potevo uscire normale (ride, ndr)».

Chi è Hugo allora prima della popolarità sui social?

«Un ragazzo in ricerca della sua strada. Finito il Liceo linguistico, mi sono messo subito in azione prima lavorando come bagnino nella stagione estiva e poi come operaio in una ditta di impianti tecnologici, tra condizionatori e istallazioni idrauliche. Un lavoro che per tre anni mi ha portato a girare l’Europa. Però non era quello che volevo fare, che mi gratificava».

Quando ha capito di avere una predisposizione alla comunicazione virtuale?

«Nel mio impiego successivo. Mi ha assunto una birreria artigianale a Pescara, la Shaka Brew, dove ho scoperto una dote, quella di saper intrattenere il cliente. Trasmettevo allegria e questo favoriva anche le vendite. Ho sempre avuto una mentalità artistica e, al tempo stesso, imprenditoriale. Diciamo che in quell’anno e mezzo molti clienti pensavano che fossi io il titolare (ride, ndr). Ma, per alcuni diverbi con il vero proprietario, presi la decisione di prendermi un po’ di tempo per me stesso. Avevo la passione per il ciclismo ed ho girato l’Abruzzo in bicicletta, facendo anche i primi contenuti sui social».

Più o meno in che periodo ci troviamo?

«Era l’ottobre del 2024. Poche settimane prima registrai la canzone dei Queen Another One Bites The Dust in dialetto abruzzese, diventando subito popolare perché affrontavo con leggerezza un tema delicato quale la siccità legata alla scarsa resa degli ulivi. Però, passati cinque mesi senza lavorare, dovevo fare qualcosa per guadagnarmi da vivere ed ho trascorso un periodo a riflettere su un qualcosa di mio».

Qui arriva la svolta con i social?

«Più che svolta, posso parlare di imprinting. Contrariamente a molti colleghi che creano prima un prodotto e poi puntano a sponsorizzarlo, io ho fatto il ragionamento opposto: ho creato prima il mio pubblico e poi man mano ho messo a fuoco la linea. Ricordo che i primi video avevano scarsa risonanza, così sono partito da ciò che mi piaceva. Come un nuovo Brumotti, in bici ho raccontato la storia dei castelli abruzzesi con tanta ironia, proprio come sono nella vita reale. Ora, dopo aver mantenuto costanza e creatività, ho una grande fanbase e, soprattutto, ricevo proposte di collaborazioni anche con importanti aziende del territorio e non solo».

Qual è la chiave del suo successo, considerando che in tanti provano a far ridere sui social?

«La sensibilità, mi segue un pubblico molto vario, dal bambino all’anziano proprio perché cerco di toccare le corde giuste, senza farmi troppi calcoli ma con spontaneità».

Un protagonista fisso dei video è suo padre Paolo. Quanto ha inciso su questo progetto?

«Tantissimo. Oggi purtroppo la famiglia è molto trascurata, tra stress lavorativi e tanti impegni quotidiani. Io invece con papà ho un rapporto speciale, è il mio migliore amico. Poi è talmente simpatico che per strada molti mi fermano dicendomi: Hugo, tu si fregn ma tuo padre è cchiù fregn di te” (ride, ndr). Hanno ragione, è così e questo mi rende felice».

L’intrattenimento virtuale può sfociare in uno show dal vivo?

«È un pensiero fisso, il sogno sarebbe di creare uno spettacolo dal vivo perché offline sono ancora più empatico. Casomai mescolando anche la musica in quanto, sebbene non lo sappiano in molti, sono anche un musicista».

So di una birra artigianale creata da lei. È vero?

«Si, l’ho chiamata la “Fregna bionda”, fatta in collaborazione con il birrificio Hopera di Roseto. L’ho già portata in varie sagre e appuntamenti estivi, non sono ancora strutturato per la vendita al dettaglio, ma un giorno mi piacerebbe avere una sagra tutta mia».

Parlando del risvolto negativo, quant’è complesso lavorare sui social e interagire con chi non è d’accordo con lei?

«Dico sempre che questo lavoro è bellissimo, però se non sei forte a livello psicologico, può anche farti crollare. A volte anche io mi demoralizzo davanti a commenti poco piacevoli. Fa parte del gioco, ma il segreto è rimanere sé stessi. Non ho mai avuto veri “haters”, gli stessi professori a scuola non mi davano brutti voti perché sapevo farli ridere anche quando non studiavo».