Memorabilia: gli anni del Teatro L’Uovo  tra arte e impegno 

Nel volume di Antonio Massena, la storia della città e delle persone che diedero vita al progetto culturale

L’AQUILA. La storia degli ultimi quarant’anni del capoluogo d’Abruzzo vista dalla prospettiva di un palcoscenico. È in libreria “Memorabilia. II Teatro L’Uovo, metamorfosi di un impegno artistico, sociale e civile” di Antonio Massena, tra i protagonisti di questa realtà sin dalla sua costituzione. Nel volume, edito da Titivillus Mostre Editoria, l’autore traccia il percorso del Teatro stabile di innovazione L’Uovo, analizzando il panorama territoriale e politico, svelando il progetto culturale alla base dell’Uovo, esempio di ricerca, sperimentazione e creazione. La presentazione è affidata a Lucio Argano, riferimento importante per la cultura nel nostro Paese, entrato più volte in contatto con la realtà aquilana. «Il libro», scrive, «ci conduce per mano dentro la società teatrale con pienezza, utilizzando ciò che la rappresenta meglio: i nomi e cognomi delle persone che hanno mescolato le loro esistenze in scelte di vita e in incroci generando realtà poliedriche e alchemiche».
Per Massena, che ha diretto L’Uovo sino al 2014, questo libro rappresenta la certificazione di un percorso personale e professionale. «Il racconto», scrive, «oltre a voler essere la memoria di un progetto culturale e artistico che ha attraversato 37 anni, è anche l’intreccio di storie e momenti di una città che, dal 1978 a oggi, ha vissuto radicali mutamenti sociali, culturali e industriali. Storie di persone, di luoghi, di attività e realtà che hanno modificato il volto e il tessuto umano dell’Aquila».
Oltre ad essere scenografo per molteplici allestimenti teatrali, Massena si è anche occupato della progettazione e del design di alcune sale teatrali e fra queste il Teatro San Filippo. Dal 2008 al 2016 è stato presidente dell’Associazione nazionale dei Teatri d’arte contemporanea aderente all’Agis.
Perché ha sentito proprio ora l'esigenza di realizzare questo volume?
Sono originario di Trento e sono arrivato all'Aquila nel 1972: gran parte del mio rapporto con l'Abruzzo passa attraverso L'Uovo e il teatro San Filippo. Da tempo avevo pensato di raccontare la storia del teatro di innovazione. Mi sono messo a scrivere a marzo dello scorso anno, quando ancora non si parlava di lockdown. Naturalmente, il fatto di essere costretti a restare a casa per molto tempo mi ha favorito nel lavoro che poi ho confrontato con l’editor Chiara Spaziani.
L'esperienza dell'Uovo è iniziata nel 1978, sin dall'inizio c'erano professionisti come Maria Cristina Giambruno. Una realtà sempre aperta al territorio. Cosa vi ha spinto a cercare il confronto?
Abbiamo sempre trovato motivazione nella crescita attraverso il dialogo con importanti esponenti culturali e politici dentro e fuori la città, parliamo di Tullio De Rubeis, Peppino Giampaola, Nino Carloni, Enrico Centofanti, del professor Ferdinando Taviani, con cui abbiamo sviluppato dei percorsi in collaborazione con l'ateneo. Penso anche ai fratelli Ciarletta, l'architetto e scenografo Francescangelo e il professor Nicola, oppure al barone Angelo De Nardis o al pittore Marcello Mariani. Tanti sono i personaggi transitati nel nostro circuito: Roberto Zaccarini (Rai), Carmelo Rocca, Salvo Nastasi, Franca Rame, Enzo Jannacci, Steve Grossman.
Una storia che fa i conti con il terremoto, specie nelle difficoltà nel recupero del Teatro San Filippo.
Ho seguito personalmente dei progetti legati al recupero della struttura, ma le cose sono tutt'altro che facili, tante le variabili da mettere in conto. Nel post-sisma abbiamo lavorato molto grazie alla provincia autonoma di Trento. Abbiamo prodotto lì gli spettacoli.