Millanta: l’Abruzzo è la terra del fantastico, perfetta per le mie fiabe 

Esce oggi “Cronache da Dinterbild” dell’autore francavillese il prima e il dopo del pluripremiato “Vinpeel degli orizzonti”

PESCARA . Peppe Millanta torna al romanzo, dopo esperienze particolari che lasciano il segno, dopo il successo internazionale del suo romanzo d'esordio “Vinpeel degli orizzonti” (Neo Edizioni, 2018, pagg 246 ) opera prima di cui “Cronache da Dinterbild” in uscita oggi (NeoEdizioni, pagine 317) rappresenta lo spin-off. Il Centro ha raggiunto telefonicamente lo scrittore abruzzese a Valle Castellana, sulle orme del re svevo Manfredi le cui spoglie e tesoro sarebbero nascosti, in quanto scomunicato, nel Castel Manfrino a Macchia da Sole. Storie e leggende che Millanta racconterà nella penultima puntata della rubrica “Macchemito” per la Rai.
«Frugare nelle storie antiche è avventura avvincente, in Abruzzo c’è sempre altro, aldilà di quanto vedano gli occhi», sostiene. E cominciamo proprio dall'Abruzzo per poi addentrarci in “Cronache da Dinterbild”, che in Abruzzo non è ambientato ma...
L’Abruzzo è ricco di fantastico?
L’Abruzzo è terra di fantastico, con questi scenari dalla montagna al mare non poteva essere diversamente. Montagne e vallate sono il luogo ideale di pantafiche, mazzamurelli, streghe, lupi mannari, creature fantastiche che abitano luoghi leggendari. Queste montagne che ci hanno sempre un po’ isolato ci hanno però consentito di trattenere rimasugli di leggende, una grande ricchezza immateriale oggi volàno di turismo, pensiamo alla rievocazione della Notte delle streghe a Castel del Monte, dalla leggenda alla concretezza.
Il patrimonio demo-etno-antropologico alimenta anche la sua scrittura letteraria?
Non ho scritto finora storie ambientate in Abruzzo, però quello che sicuramente mi porto dentro di questa regione è l'approccio magico alla realtà, la magia presente e soprattutto quella cercata, una metodologia di indagine della realtà che noi abruzzesi abbiamo la fortuna di conservare, una magia che mi piace riversare nelle mie storie. La magia è una postura con cui stare al mondo, qualcosa che ci caratterizza e a cui ci affidiamo dall’antichità, un approccio che non si ferma al visibile, pensiamo alla spirituralità estrema degli eremiti vissuti sulla Maiella. Nostro compito è preservare questo làscito intimo.
In “Cronache da Dinterbild” quanto è presente tutto questo?
Ho definito il libro uno sprequel, un prequel ma anche un sequel, riparte dal precedente “Vinpeel degli orizzonti” e ne racconta il prima e il dopo. Racconta di un luogo che non esiste nella realtà, Dinterbild, dove sono ambientate le storie dei personaggi.
Dove immagina si trovi Dinterbild?
È un n luogo dell’anima, non esiste nella realtà però racchiude molti scenari visibili, parla di mare, di boschi, ma è un luogo letterario.
Un’isola che non c'è?
Volendo sì. A volte questi sono anche luoghi più veri di quelli reali perché sono luoghi che tutti possono abitare. La potenza della fiaba è quella, il bosco della fiaba è accessibile a tutti.
Come nascono i nomi di luoghi e personaggi: Dinterbild, Ned Bundy (il padre di Vinpeel) e il signor Biton (il padrone dell’unica locanda)?
Cerco qualcosa di onomatopeico, musicale, nomi non collocati geograficamente ma che possono abitare nella fantasia di chiunque. Sono arrivato a quei nomi cercando una musicalità che esprimesse un po’ il carattere dei personaggi. Poi ogni lettore è libero di pronunciarlo come gli suona meglio. Dinterbild è metafora di dove si finisce quando le nostre vite in qualche modo si inceppano, quando perdiamo un’occasione per essere felici. Un luogo letterario, inventato, ma anche un posto dove abbiamo abitato tutti e anche troppo. La storia è la ricerca di questa seconda occasione. Storia che riparte dalla fine del libro precedente, dove i personaggi hanno la necessità di partire per un nuovo viaggio, ma dove si rischia anche di restare fermi al palo senza ripartire se non si prende coscienza che tutto può ancora accadere, felicità compresa. È un incitamento a non fermarsi, nella vita bisogna osare, morderla con desiderio, chiavistello per forzare la realtà e scovarci dentro lo stupore, la magia. Una metafora sull’immaginazione, che non è una via di fuga dalla realtà ma un vero e proprio progetto, siamo ciò che immaginiamo, soprattutto è la vita che ruba la fantasia non il contrario.
Ad ognuno la sua Dinterbild, in sostanza. A chi si rivolge con questo romanzo?
Come il precedente è abbastanza trasversale e non ha limiti anagrafici, è una fiaba per adulti adottata da ragazzi in formazione perché quello della favola è un codice universale e non ha età.
In una regione che lamenta di non essere conosciuta né valorizzata come merita, cosa può risultare salvifico?
Innamorarsi di quanto abbiamo, il territorio, che non è solo un contenitore ma luogo da accudire e preservare. Ci vogliono idee da parte di chi ci abita, per avere idee bisogna conoscere, per conoscere bisogna in qualche modo amare il posto, frugarlo, immergervisi».
È così che ha ideato il Fiabosco, prima Area protetta dell’immaginario d’Italia, nel Boschetto di Sant'Eufemia a Maiella?
Sì, un progetto di salvaguardia del fantastico abruzzese a cui lavoro da tempo con la sua Scuola Macondo in collaborazione con Ente Parco Maiella e Comune: un’area protetta per creature fantastiche con sculture in pietra bianca realizzate da scalpellini della Maiella, scultori anche internazionali e da quest’anno anche licei artistici invitati a rappresentare il fantastico di tutto Abruzzo, ogni scultura racconta una leggenda, quest'estate arriveremo a 24 manufatti, un modo che le storie hanno di generare un indotto.
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