Quando la disco iniziava alle 16: la febbre del sabato tra la Silvanella, il Niagara, il Caesar e la Fabbrica

Cardelli: «La città era accogliente e rispondeva. Non si può fare più niente, ci sono troppe limitazioni e c’è il problema sicurezza». Tucci: «C’era voglia di divertirsi in modo pulito, oggi la condivisione avviene solo sui social»
PESCARA. Quelli che si divertivano in discoteca ci andavano di sabato alle 16 per restarci fino alle 21. E cercavano di passare inosservati per rimanerci anche nel secondo turno oltre mezzanotte. «Ciao ma’, io vado», dicevano e tornavano a casa all’alba. Tappa obbligatoria i cornetti caldi dal fornaio. Eccolo “il popolo della notte” che con la morte di Marco La Sorda, uno dei suoi protagonisti, rompe gli argini dei ricordi. L’attesa del sabato iniziava fin dal lunedì precedente. Un sottile passaparola a scuola che cresceva nei giorni successivi, con il contributo di bigliettini, locandine e gli inviti dei pr, ai quali riuscivi ad arrivare tramite l’amico dell’amico.
Era la Pescara degli anni '70/'80 in cui la febbre della Disco prima, e poi dell’House music, raggiunsero livelli al top, sulla scia della “Milano da bere” e del successo delle maxi discoteche di Rimini e Riccione. Ma perché partire e farsi tre ore di treno per andare a divertirsi e ballare? Sono nate così le grandi discoteche, quelle che hanno reso anche qui iconici e irripetibili quegli anni: La Silvanella dei fratelli Tucci, il Caesar di Vincenzo Gentile, e poi il Niagara (sempre di Ezio e Pierluigi Tucci) e, in centro, La Fabbrica e l’ex Gaslini che si aggiungevano alle più classiche disco dell’Honeypot e del Lenny’s. «Fu un crescendo entusiasmante, irripetibile», commenta Ezio Tucci dalla spiaggia dello stabilimento balneare Il Moro, punto attuale di riferimento sempre per i giovani: «Sì, ma quello di oggi è un altro tipo di clientela, anche se noto grande voglia di divertimento. Forse non la stessa di quegli anni, ma sempre grande».
Non più in discoteca, ma uno stare insieme all’aperto in costume e pantaloncini, nei campi di beach volley. E la sera? «Nei locali, in qualche stabilimento dove si fa musica, non discoteche». Un’epoca, quella degli anni Ottanta, che in realtà per alcuni non è neanche tanto lontana. Basta guardare le foto di allora, rintracciabili sui gruppi social nostalgici. Sono a colori, non in bianco e nero, e poi sono animate da personaggi che oggi, rispetto ad allora, hanno solo capelli meno folti e ciuffi impolverati di bianco.
Molti ricoprono ruoli di prestigio. In una di queste foto c’è anche il futuro sindaco Carlo Masci, sorridente, in camicia, seduto con il bicchiere in mano nel salottino della ex Fabbrica di viale Pindaro, sempre magro e con la chioma scura. «Bei tempi, bei tempi», scrive oggi nella nota in cui anche lui ricorda il dj Marco La Sorda come “un ambasciatore della musica”.
«Eravamo, e mi ci metto pure io, quelli che volevano divertirsi in modo pulito», ricorda ancora Ezio Tucci. Nella sua Silvanella all’aperto si fermavano anche big come Ornella Vanoni, Raffaella Carrà, i Pooh. Erano i tempi delle Clarks ai piedi, della Vespa truccata (o del Califfo con le marce) e delle magliette con le scritte grandi. Quelli della file all’ingresso, dei sotterfugi per entrare anche senza invito. «Riempivamo le piste», riprende Tucci, che sulla differenza con i tempi attuali ha una sua versione: «Prima non si viveva di social, ma di cose vere, si festeggiava insieme, c'era condivisione. Oggi la condivisione avviene solo sui social, e non ci si diverte».
Dopo la chiusura della Silvanella, lui ed il fratello aprirono una maxi, il Niagara, proprio accanto ad un altro simbolo di quegli anni come il Caesar. «Mamma mia quanta roba», esclama Tucci alludendo all’offerta (e alle alternative) del sabato sera: «Gentile nel Caesar aveva ricreato il mondo di Las Vegas con il Crystal Palace, e devo dire che ci aveva azzeccato, in una città come Pescara che ambiva a diventare la Miami d’Abruzzo».
Fu importato il logo della "Pescara da bere", della Pescara che scorreva fluida d’estate. E che oltre a dare lavoro, richiamava turisti. «Un periodo magico», lo definisce Stefano Cardelli, che di spettacoli ed eventi ne ha fatto una professione. È stato lui a cavalcare l’idea della Fabbrica, poi diventata “fabbrica del tempo libero”, aperta quasi h24. Tre piani, un’arena all’aperto (dove si sono esibiti anche i Kool & the Gang e gli Earth Wind and Fire) e tante iniziative: «Dietro a ogni grande idea ci vuole un imprenditore lungimirante che possa investire, e in quegli anni c’era Valerio Di Vincenzo», afferma sfogliando l’album dei ricordi, «e la bravura fu quella di mettere insieme tanta bella gente».
La Fabbrica ha cambiato gli spazi del divertimento: non più bui, con flash e luci psichedeliche, ma ampi e, soprattutto, colorati. Furono introdotti i cubi direttamente dai night: «Una magia, si apprezzava di più la vita», riflette Cardelli. «Anche in quegli anni cercavo di dimostrare che la movida è fatta da gente originale, ma anche da gente normale, che oggi è diventata professionista. E ho sempre tentato di farla diventare un lavoro serio, tant’è che avevo aperto anche l’ufficio per eventi e per il personale. Pescara rispetto a oggi era diversa. Era divertente, accogliente e rispondeva. Un po’ in tutta la costa, dove c'erano imprenditori come Pedicone (a Tortoreto), De Nardellis (a Vasto), Gravina. Oggi non si può fare più niente, ci sono limitazioni e c’è il problema della sicurezza».
L’ultimo esempio è stato l’ex Gaslini, dove arrivavano giovani da fuori regione. Poi stop, il “popolo della notte” si è frammentato negli stabilimenti, malgrado la sua anima sia forte e viva. Come ha dimostrato la grande partecipazione ai funerali di Marco La Sorda.
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