Mariano Sabatini, scrittore

L'INTERVISTA / MARIANO SABATINI

«Solo chi non è  mai sazio di libri trova forza in essi» 

Lo scrittore che dell’Abruzzo fa terra di thriller: «La quarantena? Come giocare a tennis da solo»

«A leggere si impara per infezione. I libri sono una risorsa solo se sei stato infettato da quel virus, altrimenti non funziona». Lo dichiara in modo esplicito e con gusto dell’ironia Mariano Sabatini, lo scrittore capitolino legato all’Abruzzo (le estati a Pineto, il premio Flaiano lo scorso anno, la partecipazione con un racconto all’antologia “Moon – 50 anni dall’allunaggio” pubblicata dall’editore teramano Lisciani) tanto da lasciarsene nuovamente ispirare nel suo prossimo romanzo. Arte della narrazione e solidarietà: i proventi dell’antologia (contenente un suo racconto) “Delitti di lago 4” , Morellini editore, sono destinati alla Gemma Rara di Varese, associazione che studia le malattie genetiche.
Sabatini, come ha trascorso la quarantena? Il confinamento domestico ha pesato anche sull'ago della bilancia?
Non sono ingrassato, muovendomi meno di prima ho mangiato meno. Si può dire che io viva in quarantena, o meglio in isolamento volontario, da sempre, avendo scelto di lavorare da casa già diversi anni fa, da quando ho smesso di fare l’autore in Rai. Da parecchio tempo la mia plancia di comando è il salotto di casa, dove scrivo articoli, trasmissioni radiofoniche o preparo gli interventi televisivi quando mi chiamano come ospite. Sempre qui lavoro ai racconti, ai romanzi. Sono stato bene in questi due mesi, con le mie figlie e i miei cani. La solitudine come scelta è una dimensione creativa potente, e comunque stare soli non vuol dire essere soli. Il telefono e il web, nelle soluzioni più avanzate, sono risorse impagabili, in grado di sollevare quasi tutte le insoddisfazioni. Sempre che si abbiano adeguate risorse interiori. Penso infatti che questa pandemia, al di là delle ovvie emergenze sanitarie con le conseguenti misure per arginarle, abbia messo ciascuno di noi al cospetto di se stesso, facendo emergere le fragilità interstiziali. Per condurre una quotidianità in solitaria, senza darsi appigli esterni, bisogna avere un fisico bestiale, per dirla con il poeta.
Quali le maggiori difficoltà nel dover trascorrere il tempo a casa e lontano dagli altri?
Da casa si potrebbe fare tutto, potremmo addirittura prendere questa esperienza come le prove generali per un ampliamento e un consolidamento del lavoro da remoto. La cosa che mi ha infastidito è constatare che molti hanno usato il confino nelle mura domestiche per concedersi una vacanza inattesa. Per me è stato come giocare a tennis da solo, lanciavo la pallina e non mi tornava indietro mai o quasi mai: frustrante.
Coltivare la lettura può essere d’aiuto in un frangente simile?
Nessun aiuto, se non si ha già dimestichezza con la pagina scritta. Inutile fare la mistica della lettura a persone che non amano visceralmente le storie, la poesia, i saggi. Solo chi non sa saziarsi di libri, chi ha necessità fisica di circondarsi di libri, può trovare una ineguagliabile risorsa in essi. Io ne sono la testimonianza vivente. Ogni volta che qualcosa non andava, o mi sentivo sospinto ai margini dalla vita, mi sono rifugiato nei romanzi. Certo, quello che è accaduto in questi giorni surreali ha reso per molti, anche per i cosiddetti lettori forti, più difficile concentrarsi. Ma dalle “Mille e una notte” in qua la fascinazione del “ti racconto una storia” ha sempre sospinto la paura della morte un po’ più avanti, fino a diluirla e annientarla. A leggere si impara per infezione, e mi dispiace dirlo in tempo di Covid 19. Io leggevo tenendo le mie figlie tra le gambe incrociate e ho sempre ripetuto loro che chi legge non è mai davvero solo. Leggere non ti rende più figo né più ricco, ma di sicuro contiene la fascinazione per certe patetiche aspirazioni.
Come ha visto la riapertura in prima battuta delle librerie?
Mi è sembrata una presa in giro. I veri lettori hanno riserve infinite di libri ancora intonsi a cui attingere, per parafrasare la Yourcenar anche le biblioteche personali sono come granai dello spirito. C’è da dire che chi avesse voluto avrebbe potuto continuare a leggere anche in formato digitale. E voglio aggiungere che oggi l’editoria è in ginocchio. Con Divier Nelli dirigo le nuove collane della Polillo Editore, ora di Rusconi, e stiamo facendo i salti mortali per portare avanti i progetti. Speriamo presto di poterne dare notizia. C’è poi un’altra grande novità in arrivo, ma è ancora presto per parlarne.
Nella fase del lockdown la lettura/narrativa ha tamponato un senso di angoscia per il futuro, nella fase 2 della ricostruzione quale ruolo immagina possa avere la narrazione?
Ora non si può dire. Certo gli scrittori, e parlo dei creatori di storie, grazie a questa pandemia avranno un serbatoio di emozioni incredibile da cui attingere. E non mi riferisco certo al semplice racconto di quanto è accaduto, accade e accadrà. Ora tocca ai narratori e alle loro capacità di rielaborare, riformattare l'esperienza vissuta.
A quali storie, temi, personaggi sta lavorando?
Dopo “L’Inganno dell’ippocastano” e “Primo venne Caino” pubblicati da Salani, sto ultimando il terzo romanzo con Leo Malinverno protagonista, il giornalista investigativo che ora è alle prese con una inchiesta attorno al mondo del gioco d’azzardo. Ci sarà un richiamo all’Abruzzo, una regione a cui mi sento molto legato dal conferimento del premio Flaiano, perché uno dei protagonisti è di Pescara. Ma di più non posso dire. Abruzzese è anche il personaggio del mio racconto in “Moon” e questo conferma il mio attaccamento forte con la vostra terra, dove da ragazzino, a Pineto, passavo le estati.
Mare a Pineto anche quest'estate?
Pineto e Giulianova, spostamenti permettendo.
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