Donatella Di Pietrantonio

L'INTERVISTA / DONATELLA DI PIETRANTONIO

«Sono arrabbiata, la lettura mi aiuta a capire me stessa» 

La scrittrice abruzzese: l’uscita del mio nuovo libro era per l’autunno, ora chissà. La poesia è una luce 

PESCARA. «È portentoso quello che succede. E c’è dell’oro, credo, in questo tempo strano. Forse ci sono doni. Pepite d’oro per noi. Se ci aiutiamo. C’è un molto forte richiamo della specie ora e come specie adesso deve pensarsi ognuno. Un comune destino ci tiene qui. Lo sapevamo. Ma non troppo bene. O tutti quanti o nessuno».
Si affida alla severità visionaria dei versi che Mariangela Gualtieri – poeta tra le più raffinate del panorama contemporaneo – ha lanciato liberi sul web in questi giorni bui su questi giorni bui di pandemia Donatella di Pietrantonio, medico odontoiatra pediatrico a Penne e scrittrice importante, premio Campiello tra gli altri con la sua “Arminuta” dalla lingua piena di asperità come la terra del suo Abruzzo che avvolge la storia. L’autrice cita la poesia “Nove marzo duemilaventi” «intanto perché splendida» e poi perché «aiuta a riflettere sul cambiamento radicale che stiamo vivendo».
Donatella, come hanno reagito le sue “due anime”, scientifica e umanistica, di fronte a questa situazione?
Diciamo che le due anime sono tenute insieme dalla fitta trama umana: sono devastata, come tutti credo, sta accadendo l’impensabile.
Cosa pensa della reazione del Paese Italia?
Io credo che noi italiani siamo sempre molto bravi a reagire alle tragedie, noi abruzzesi poi lo sappiamo in particolare, perché ne abbiamo vissute tante, fino agli ultimi terremoti, alla nevicata epocale del 2017 con conseguente crollo a Rigopiano... Sì, siamo molto bravi “dopo”, abbiamo un grande spirito di solidarietà da tirare fuori e grandi capacità organizzative nel fare fronte alle emergenze. Quello che mi fa arrabbiare – perché sono arrabbiata – è che non siamo bravi “prima”: nella prevenzione. In questo caso non bravi nei decenni precedenti e mi riferisco alla politica dei tagli criminali alla sanità.
Lei vive a Penne, zona particolarmente colpita dal coronavirus in Abruzzo e dove da tempo la situazione dell’ospedale declassato la vede in prima linea con perplessità espresse pubblicamente. Si sente un po’ Cassandra oggi?
Io su questo discorso faccio fatica a contenere la rabbia. Non solo l’ospedale di Penne, ma tanti piccoli ospedali dell’entroterra che sono presidi importanti, che vanno a intercettare bisogni della popolazione più anziana sempre più isolata e abbandonata, sono proprio quelli che hanno subito i tagli criminali di cui parlavo poco fa e questo senza che senza i grandi ospedali siano stati potenziati per poter accogliere anche i bisogni delle popolazioni delle aree interne, per cui ci ritroviamo a fare questo sforzo enorme in questi giorni inventandosi in 24 ore a Penne una rianimazione per i pazienti Covid 19, grazie a medici, infermieri e personale sanitario tutto che si mobilitano, rischiando la vita perché non hanno una sufficiente dotazione di dispositivi di protezione individuale. Lo voglio dire perché lo so che lo fanno: nel momento dell’emergenza l’obiettivo cura e salvare vite supera la tutela della propria salute e si mette a rischio la propria incolumità perché si pensa al paziente. Restare a casa ora è vitale, per noi e per gli altri.
Lei come trascorre il suo tempo in casa?
Scrivo un po’: teoricamente prima di tutto questo, l’uscita del mio nuovo romanzo era prevista per l’autunno, ora non so.
Cosa ci può anticipare di questa nuova opera?
Quello che posso dire è che ancora riguarderà molto l’Abruzzo.
E allora torniamo alle occupazioni tra le quattro mura.
Leggo, guardo film, collaboro con iniziative che consigliano letture a chi ora ha tempo in abbondanza per leggere.
La lettura per lei è ?
Uno spazio magico di grande contatto con la mia interiorità. Non esisterebbe per me la scrittura se prima non esistesse la lettura. In ogni libro ci sono mondi e mondi che si aprono a noi.


Quali libri sta consigliando?
Uno bellissimo che ho presentato al festival di Mantova è “In tutto c’è stata bellezza” dello spagnolo Manuel Vilas: un libro importante, molto, in cui l’autore fa una rifondazione delle proprie origini, della sua appartenenza famigliare, ma anche una rifondazione della storia di un intero Paese, la Spagna, a cui in questo momento ci sentiamo vicini e solidali. Altro libro che ho letto di recente è di un’autrice francese bravissima ma che non avevo letto, Yasmina Reza, “Babilonia”, molto contemporaneo, ma lascerei tutta la sorpresa al lettore. E sono alle prese con due abruzzesi eccellenti: Fabio Bacà che con “Benevolenza cosmica” ha esordito con Adelphi e senz’altro Remo Rapino, tifo per il suo “Vita morte e miracoli di Bonfiglio Liborio” allo Strega. E la poesia, che è un fuoco sempre acceso cui scaldarsi. E penso subito alla grande Mariangela Gualtieri e alla sua ultima poesia che gira sul web.


La tv la guarda?
Come tutti ora sono dipendente dai tg e dagli aggiornamenti sul virus, ma sto recuperando anche film persi al cinema, per esempio mi era sfuggito “Roma” di Alfonso Cuarón: un bianco e nero poetico, struggente il protagonista, da vedere assolutamente. E le serie, anche io sono tra i “drogati” delle serie e un po’ di leggerezza ci vuole. Ora sono presa da “Il metodo Kominsky”.
Come pensa che usciremo da questa situazione come società e umanità?
Di certo molto cambiati. Penso che questa pandemia stia spazzando molto di quello che eravamo, non so dire in cosa saremo cambiati, ma certamente lo saremo. L’unica cosa che non potremo permetterci è la rimozione di quello che sta succedendo, ci abbandoneremo a feste e bagordi dopo questo, ma avremo molto da imparare.
©RIPRODUZIONE RISERVATA