Accord al palo da tre anni: sfiducia tra i dipendenti

L’azienda non parte nonostante gli annunci e la cassa integrazione è in scadenza Sono 130 gli operai dell’ex polo elettronico che contavano di essere riassunti

L’AQUILA. Sembrava la panacea per risollevare le sorti del polo elettronico aquilano. Un progetto innovativo, con tanto di brevetto depositato, per realizzare nei capannoni dell’ex Finmek un sito per lo smaltimento dei rifiuti elettronici. Una società appena costituita, controllata dall’imprenditore anglo-indiano Ravi Shankar, e circa 130 nuovi posti di lavoro, dando la priorità ai lavoratori in mobilità, fuoriusciti da aziende che mano a mano avevano chiuso i battenti. I primi annunci sull’Accord Phoenix risalgono ormai a tre anni fa. E avevano il suggello delle istituzioni. Erano stati il sindaco Massimo Cialente e l’attuale vicepresidente della Regione Giovanni Lolli a portare avanti le trattative, fino alla presentazione ufficiale dell’operazione. Siamo a febbraio del 2014 quando l’ingegnere Ravi Shankar, nella sede di Confindustria, affiancato dal consigliere delegato Francesco Baldarelli, per «fugare i dubbi» e mettere a tacere le polemiche che nel frattempo si sono scatenate, detta il cronoprogramma per lo start up dell’azienda: si parte con le assunzioni subito dopo l’estate. Intanto, entro giugno, si attende l’ok al progetto di Invitalia, che deve erogare i 12 milioni di contributo pubblico richiesti per concretizzare un investimento complessivo di 35 milioni. Un passaggio fondamentale, quello negli uffici dell’agenzia del ministero dell’Economia, che viene dato per certo e che invece ad oggi ancora non si è concluso. Rinvii, inghippi, documenti da integrare. A mancare, nonostante l’ingresso a sorpresa nella società della Deutsche Bank, sarebbero proprio garanzie sulla solidità finanziaria dell’intervento. Lo stesso Shankar lo rivela rispondendo ad una lettera dei sindacati. Malgrado le rassicurazioni e gli impegni presi, anche durante l’ultimo tavolo in prefettura risalente a due mesi fa, la nuova fabbrica è rimasta sulla carta. In tanti ci hanno messo la faccia. Ma ora restano solo i volti amareggiati degli ex dipendenti che erano pronti a mettersi in fila per essere riassunti. Per loro sono settimane drammatiche: 10 mobilità sono già scadute, altre 75 scadranno ad aprile, e altre 25, a scaglioni, finiranno entro il prossimo ottobre. Degli anni passati dentro la Finmek, la Fida spa, l’Intercompel e la P&A Service hanno conservato, finora, uno stipendio di 700 euro al mese. Tra poco non avranno più neanche quello. E sono ancora troppo giovani, per aver maturato l’accesso alla pensione. Devono aggrapparsi ancora agli ammortizzatori sociali, che potrebbe concedere in deroga la Regione. Dalle organizzazioni sindacali è partito un appello al presidente Luciano D’Alfonso.

Romana Scopano

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