Angeloni, anche l'umiliazione delle manette

Mentre per Ezio Stati abbracci liberi e baci con sua figlia e Buzzelli
L'AQUILA. Un abbraccio con sorriso fra Daniela Stati e il padre Ezio appena sceso dal cellulare della polizia penitenziaria. L'onta delle manette ai polsi per Vincenzo Angeloni, così fotografato e ripreso dalle telecamere. Carcere per entrambi, ma trattamenti diversi al primo confronto con i loro accusatori. È uno stridente contrasto quello che si è potuto cogliere martedì mattina all'arrivo dei due principali indagati nell'inchiesta sulla presunta cricca che secondo la Procura voleva fare affari col terremoto del 6 aprile 2009.
Nei dieci minuti che hanno intervallato gli arrivi di Stati senior e Angeloni sono «passate» immagini diverse davanti agli occhi dei presenti.
Vincenzo Angeloni, il medico odontoiatra ed ex parlamentare sul cui passato aleggia una condanna per falsità ideologica e bancarotta fraudolenta, è arrivato dal carcere romano di Regina Coeli scortato da più agenti e con ai polsi le manette. Ha scambiato un rapido cenno d'intesa col proprio avvocato, Antonio Milo, prima di tentare di coprire i «ferri» davanti a cineoperatori e fotografi della carta stampata.
Il volto teso, la barba lunga di un giorno. Questo è l'Angeloni che si è presentato negli uffici del Palazzo di giustizia dell'Aquila. Provato. Come lunedì mattina, quando era scoppiato in lacrime davanti agli agenti della squadra mobile di Pescara che gli consegnavano la copia dell'ordinanza di custodia con la quale si sono spalancate le porte del carcere.
Dieci minuti dopo e sempre nel cortile interno del tribunale di Bazzano, tutt'altro arrivo per Ezio Stati, l'ex frate cercatore della Democrazia cristiana già travolto dallo scandalo della Tangentopoli avezzanese. Stati senior è sceso dal blindato senza manette ai polsi, un sorriso spavaldo, un cenno della mano come a dire «sono qua, tutto bene, state tranqulli». Poi l'abbraccio con la figlia Daniela, l'ex assessore regionale alla Protezione civile. Lei si è lanciata con le mani al collo del padre, qualche frase sussurrata, prima che i tre agenti del penitenziario dell'Aquila l'allontanassero con garbo. Nessuna manetta a impedire questo contatto avvenuto anche sotto il discreto sguardo dell'avvocato Alfredo Iacone. Niente a impedire anche un veloce bacio a Marco Buzzelli.
Arrivi diversi, partenze uguali. Al termine dei lunghi interrogatori di garanzia, infatti, anche Angeloni ha lasciato L'Aquila con i polsi liberi. Anche se il volto dell'ex presidente della Valle del Giovenco è rimasto teso.
La stessa tensione che a lungo si è notata nello sguardo di Daniela Stati, che adesso attende l'esito dei provvedimenti del giudice. Il pm Antonietta Picardi ha chiesto per l'ex assessore - proprio ieri mattina Chiodi ha firmato il decreto con cui accetta l'addio dall'incarico - la misura interdittiva dai pubblici uffici (articolo 289 del codice di procedura penale) alla quale non è possibile adottare alcuna decisione prima di avere interrogato l'indagata (articolo 289 comma 2). I difensori della Stati hanno rinunciato a presentare istanze visto che la loro assistita si è dimessa e quindi verrrebbero meno le esigenze della misura interdittiva. Ma che cos'è l'interdizione? Secondo l'articolo 28 del codice penale italiano l'interdizione dai pubblici uffici può essere perpetua o temporanea. Nel primo caso si viene privati del diritto di elettorato o di eleggibilità, di ogni incarico di pubblico servizio e dell'ufficio di tutore o di curatore.
L'interdizione è la più importante sanzione interdittiva dell'odierno sistema penale, anche se il suo contenuto è stato di molto diminuito a seguito di alcune pronunce della Corte costituzionale. Nel caso in cui l'interdizione sia temporanea la durata minima prevista è di un anno e quella massima è di 5 anni. L'interdizione inoltre consegue alla condanna di un reato realizzato mediante abuso di poteri o violazione di doveri inerenti alla pubblica funzione o al pubblico servizio.
Nei dieci minuti che hanno intervallato gli arrivi di Stati senior e Angeloni sono «passate» immagini diverse davanti agli occhi dei presenti.
Vincenzo Angeloni, il medico odontoiatra ed ex parlamentare sul cui passato aleggia una condanna per falsità ideologica e bancarotta fraudolenta, è arrivato dal carcere romano di Regina Coeli scortato da più agenti e con ai polsi le manette. Ha scambiato un rapido cenno d'intesa col proprio avvocato, Antonio Milo, prima di tentare di coprire i «ferri» davanti a cineoperatori e fotografi della carta stampata.
Il volto teso, la barba lunga di un giorno. Questo è l'Angeloni che si è presentato negli uffici del Palazzo di giustizia dell'Aquila. Provato. Come lunedì mattina, quando era scoppiato in lacrime davanti agli agenti della squadra mobile di Pescara che gli consegnavano la copia dell'ordinanza di custodia con la quale si sono spalancate le porte del carcere.
Dieci minuti dopo e sempre nel cortile interno del tribunale di Bazzano, tutt'altro arrivo per Ezio Stati, l'ex frate cercatore della Democrazia cristiana già travolto dallo scandalo della Tangentopoli avezzanese. Stati senior è sceso dal blindato senza manette ai polsi, un sorriso spavaldo, un cenno della mano come a dire «sono qua, tutto bene, state tranqulli». Poi l'abbraccio con la figlia Daniela, l'ex assessore regionale alla Protezione civile. Lei si è lanciata con le mani al collo del padre, qualche frase sussurrata, prima che i tre agenti del penitenziario dell'Aquila l'allontanassero con garbo. Nessuna manetta a impedire questo contatto avvenuto anche sotto il discreto sguardo dell'avvocato Alfredo Iacone. Niente a impedire anche un veloce bacio a Marco Buzzelli.
Arrivi diversi, partenze uguali. Al termine dei lunghi interrogatori di garanzia, infatti, anche Angeloni ha lasciato L'Aquila con i polsi liberi. Anche se il volto dell'ex presidente della Valle del Giovenco è rimasto teso.
La stessa tensione che a lungo si è notata nello sguardo di Daniela Stati, che adesso attende l'esito dei provvedimenti del giudice. Il pm Antonietta Picardi ha chiesto per l'ex assessore - proprio ieri mattina Chiodi ha firmato il decreto con cui accetta l'addio dall'incarico - la misura interdittiva dai pubblici uffici (articolo 289 del codice di procedura penale) alla quale non è possibile adottare alcuna decisione prima di avere interrogato l'indagata (articolo 289 comma 2). I difensori della Stati hanno rinunciato a presentare istanze visto che la loro assistita si è dimessa e quindi verrrebbero meno le esigenze della misura interdittiva. Ma che cos'è l'interdizione? Secondo l'articolo 28 del codice penale italiano l'interdizione dai pubblici uffici può essere perpetua o temporanea. Nel primo caso si viene privati del diritto di elettorato o di eleggibilità, di ogni incarico di pubblico servizio e dell'ufficio di tutore o di curatore.
L'interdizione è la più importante sanzione interdittiva dell'odierno sistema penale, anche se il suo contenuto è stato di molto diminuito a seguito di alcune pronunce della Corte costituzionale. Nel caso in cui l'interdizione sia temporanea la durata minima prevista è di un anno e quella massima è di 5 anni. L'interdizione inoltre consegue alla condanna di un reato realizzato mediante abuso di poteri o violazione di doveri inerenti alla pubblica funzione o al pubblico servizio.
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