Animali morti sotto la stalla caduta nel sisma di gennaio

A Ortolano le carcasse dei bovini non sono state rimosse E a San Pietro della Jenca è stata riaperta la Provinciale 86

L’AQUILA. Sotto i resti della stalla, crollata lo scorso 18 gennaio, ci sono ancora le carcasse dei bovini a cui il terremoto non ha lasciato scampo. Tutto si è fermato, in località Porcinaro, sulla statale 80, in quella che era l’azienda agricola di Giuseppe e Massimo Antonelli. Siamo vicino a Ortolano, frazione di Campotosto, ma nel territorio del comune dell’Aquila. I capi di bestiame che si sono salvati hanno trovato ricovero a Corfinio, in una struttura attrezzata, ma scomoda da raggiungere, per gli allevatori. E tra un po’, quando sarà tempo di alpeggio, le mandrie non avranno un rifugio.

Una vicenda paradossale, quella che coinvolge la famiglia Antonelli. Il sisma del 18 gennaio, che ha avuto come epicentro l’Alto Aterno, ha fatto venire giù il tetto della loro stalla, uccidendo parte del bestiame. Per settimane tutto è stato ricoperto dalla neve. Ma a distanza di quasi tre mesi, non solo il sito non è stato ancora bonificato, ma non si intravede neanche una via d’uscita. La neve si è sciolta, le carcasse degli animali morti sono all’aperto, tra detriti e, a quanto pare, anche amianto. Qualche giorno fa gli addetti dell’Asl hanno eseguito un sopralluogo, effettuando una disinfestazione. Ma a chi tocca sgombrare e ripulire l’area? I titolari dell’azienda agricola si sono subito rivolti al Comune dell’Aquila e ci sono stati vari incontri, per individuare una soluzione. Ma le procedure non sono semplici. Dovrebbe essere la Regione, e in particolare il presidente Luciano D’Alfonso che svolge il ruolo di vicecommissario alla ricostruzione, ad autorizzare l’intervento ed erogare i contributi. Questa la risposta del Comune, che dice di avere le mani legate. E poi c’è anche la questione della bonifica dell’amianto. Insomma, il classico rimpallo di competenze tra le istituzioni, a cui si aggiungono i tempi della burocrazia, nonostante ci si trovi di fronte a un caso eccezionale. Intanto, l’azienda Antonelli è ferma da quasi tre mesi e nelle prossime settimane i problemi aumenteranno. Da qui l’appello rivolto alla Regione: occorre accelerare le procedure e magari delegarle all’amministrazione comunale, per ricostruire la stalla distrutta e dare una boccata d’ossigeno a chi, con il sisma, ha perso lavoro e speranze.

SAN PIETRO DELLA JENCA. Anche questa vicenda è iniziata lo scorso 18 gennaio, quando tre slavine legate alla sequenza sismica hanno spazzato il Gran Sasso, comportando la chiusura delle strade per Montecristo e per il santuario di San Pietro della Jenca, intitolato a San Giovanni Paolo II. Ieri è stata riaperta la strada provinciale 86, che da Assergi conduce al passo delle Capannelle e quindi anche al santuario. Rimossa la sbarra con il divieto di accesso, dopo che venerdì scorso la via era stata ripulita dai tronchi e dai detriti, grazie all’accordo siglato tra Comune, Asm, Usi civici di Assergi e Provincia. Un «accordo tardivo», secondo il presidente dell’associazione culturale San Pietro della Jenca Pasquale Corriere, «che ha impedito l’accesso al santuario nella giornata di domenica, quando è stato celebrato il 12° anniversario della morte di papa Woityla». Tanto che Corriere ha presentato un esposto ai carabinieri. Gli addetti degli Usi civici sono al lavoro per permettere il ripristino anche della viabilità verso Montecristo.

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