Appello per salvare le piccole scuole dei centri montani 

Il professor Lattanzi dirige un istituto sparso in 12 Comuni «Pluriclassi e chiusure pomeridiane anticamera della fine»

L’AQUILA. Arriva dai comuni della Bassa Valle dell’Aterno l’appello a salvare le piccole scuole di montagna rivolto al governo e in particolare al ministero dell’Istruzione. Ad alzare la voce è il dirigente dell’Istituto comprensivo San Demetrio ne’ Vestini-Rocca di Mezzo, Antonio Lattanzi. «In queste zone le scuole sono un baluardo di democrazia che rischia di scomparire», spiega il preside, preoccupato della presenza di un numero di pluriclassi difficilmente gestibile e di un servizio carente, che costringe le scuole dell’infanzia e primarie della zona a chiudere alle 13, senza garantire nessuna apertura pomeridiana. Una situazione che rischia di favorire lo spopolamento dei centri montani, come dice Lattanzi al sito di divulgazione orizzontescuola.it.
DODICI COMUNI. Dal 2017 Lattanzi dirige un istituto comprensivo che insiste su ben 12 comuni: Ovindoli, Acciano, Tione degli Abruzzi, Fontecchio, Villa Sant’Angelo, San Demetrio ne’ Vestini, Sant’Eusanio Forconese, Fossa, Ocre, Rocca di Mezzo, Fagnano, Rocca di Cambio. Un solo istituto, un solo preside che deve organizzarsi con dodici sindaci per la gestione dei servizi, dalla mensa ai trasporti. Ma il problema non è solo questo.
PLURICLASSI. La più grande difficoltà è rappresentata dalle pluriclassi: due o anche tre classi in una con bambini di diverse età a cui fare lezione contemporaneamente e con programmi diversi da rispettare. Le pluriclassi sono costituite da non meno di 8 e non più di 18 alunni. «Tre classi in una pluriclasse sono sia a Ovindoli sia a Fontecchio. La qualità dell’istruzione ne risente», spiega il preside. Fino a qualche anno fa il numero massimo dei bambini arrivava a 12, poi è stato emesso il decreto 81 del 2009 che ha portato il limite a 18 alunni. «Occorrerebbe che il legislatore cambiasse il decreto 81 e facesse una legislazione che salvaguarda le scuole di montagna. Anche perché i genitori non accettano questa situazione».
SPOPOLAMENTO. In molti sono pronti anche a lasciare i paesi per evitare questi problemi. «Dopo il terremoto molta gente era tornata nei paesini. Negli ultimi tempi si fa sempre più spesso ritorno in città, dove i disagi scolastici sono azzerati», dice Lattanzi. «I sindaci sono ridotti all’osso sul piano del personale, il servizio costa. I Comuni devono occuparsi di manutenzione dei fabbricati, mensa, trasporto da casa a scuola, e questo è pazzesco. Se poi aumenti la tassazione non c’è ragione che ci si fermi qui. Ci vuole un’inversione di tendenza, favorendo la residenzialità di coppie giovani, abitazioni a costi quasi simbolici».
CHIUSURA ALLE 13. «Per le scuole dell’infanzia il numero minimo per far funzionare le sezioni è 15. E se ce ne sono 14 sa che cosa succede? Gli uffici scolastici provinciali autorizzano la costituzione della mezza sezione. Cioè la scuola sta aperta fino all’ora di pranzo, poi chiude» conclude il preside. «Si risparmia, ma così tutto diventa inutile. La scuola dell’infanzia ha senso se dà un servizio completo. I genitori non staccano prima delle 14. Chiudere alle 13 che senso ha?».
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