Bombe sulla Zecca, i ricordi di un bimbo

Testimonianza di un lettore a 71 anni dal raid degli alleati angloamericani dell’8 dicembre 1943

L’AQUILA. Il lettore Gabriele Nardis ha scritto un suo ricordo personale del bombardamento dell’8 dicembre 1943, a 71 anni di distanza dall’eccidio.

«L’8 dicembre 1943 vi era un cielo tersissimo ed un sole talmente splendente che i suoi raggi si riverberavano accecanti sulla coltre di neve spessa 50/60 centimetri. Mio padre era al lavoro nel suo ufficio alla Rivera, vicino alla chiesetta di San Vito. Io ero in casa con mia madre ed i due fratellini più piccoli. Eravamo in cucina, dove Demetrio (Metruccio ) e Gino, i due norcini del paese, Bagno Grande, stavano macellando (a pistà) il nostro maiale. Allora ogni famiglia che avesse la possibilità allevava uno o anche due maiali. Verso le ore 9-10 udimmo il ronzio sordo ed inquietante di aerei che da Sud si dirigevano verso di noi. Ci passarono sopra proseguendo verso L’Aquila.

Non vi prestammo molta attenzione perché era avvenuto altre volte.

Dopo qualche minuto udimmo, terrorizzati, il cupo boato di esplosioni. Erano le bombe che deflagravano sulla Zecca e la stazione ferroviaria. Ma ignoravamo ancora che cosa stesse esattamente succedendo. Poi tornò mio padre, grazie a Dio ed all’Immacolata, miracolato, e ci ragguagliò succintamente su quanto era avvenuto. Nel pomeriggio e, soprattutto, il giorno successivo, venimmo a conoscere maggiori dettagli ed i lutti che avevano colpito il paese.

Alla Zecca lavorava Claudia Scimia, una bellissima ragazza di cui era innamorato mio zio Alessandro, che in quel periodo, in assenza di altre possibilità di lavoro, si era improvvisato calzolaio. Claudia era rimasta schiacciata dal muro crollato della sua stanza di lavoro.

Al riconoscimento del corpo provvide mio zio attraverso le riparazioni fatte alle sue scarpe.

La sua tomba in pietra bianca nel cimitero di Bagno era caratterizzata da due colonnine quadrangolari sovrastate da un archetto con inciso il motivo della sua prematura morte, 21 anni.

La tomba è stata irresponsabilmente rimossa circa 20 anni or sono dal Comune. Nel bombardamento perse la vita anche una bambina, mia coetanea e spesso mia compagna di giochi, figlia di una compaesana che abitava lungo la strada per Roio.

La bambina era andata a cogliere l’acqua alla vicina fontana, come allora era costume, con un fiasco. Stava rientrando in casa, allorché terrorizzata dalle esplosioni cadde ed il fiasco, spezzandosi, le si conficcò nella gola».

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