Bonus Renzi, il rifiuto di 60 insegnanti

Parte da Avezzano la rivolta in provincia. Firme alla preside contro i premi: «No alla competizione, non siamo merce»

AVEZZANO. Le “picconate” al bonus di merito per gli insegnanti, istituito dal governo Renzi, arrivano anche da Avezzano. Sessanta docenti dell’istituto comprensivo “Vivenza-Giovanni XXIII”, con una lunga nota, una sorta di anti-decalogo, inviata al loro dirigente scolastico, Marina Novelli, contestano punto per punto la legge 107 del 2015 sull’istituzione del fondo per il merito del personale docente. Protesta che potrebbe allargarsi alle altre scuole della provincia.

Il fondo – voluto per valorizzare il merito del personale docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado – per i docenti di Avezzano è altamente indigesto. Altro che premiare il merito.

Secondo i 60 firmatari «si premia solo la competizione individuale tra i docenti, mentre, al contrario, una scuola di qualità ha bisogno di effettiva collaborazione e collegialità». Ma questa è solo la premessa. Il nocciolo della dura contestazione degli insegnanti marsicani sta nell’attribuzione al dirigente scolastico della discrezionalità sulla valutazione del merito per ciascun insegnante. Sulla scorta di tale valutazione il Comitato di valutazione assegnerà la somma del “premio” di merito. Ma la sostanza delle critiche investe anche i criteri stabiliti per l’assegnazione dei fondi: vengono esclusi i docenti a tempo determinato (i cosiddetti precari); non risultano oggettivi, perché non essendo in grado di misurare la qualità del lavoro svolto con gli alunni, si tende a valutare l’impegno extra-scolastico, che dovrebbe essere diversamente retribuito; si scaricano sui direttori scolastici incombenze e responsabilità facendole passare per maggiori poteri.

Il documento dei 60 investe anche caratteri più strutturali, ossia la possibilità che la legge in questione possa determinare nella scuola «una realtà gerarchizzata, con una didattica appiattita su percorsi capaci di far apparire come qualità quello che in realtà è solo quantità». Insomma, gli insegnanti temono che la didattica potrebbe venire distorta e dirottata verso attività apprezzabili dall’esterno, a discapito dell’apprendimento degli alunni. «Il bonus», precisano i 60 firmatari, «potrebbe spingere gli insegnanti ad allargare le maglie della valutazione per far credere il loro operato superiore a quello degli altri». E poi il colpo finale che sembra richiamare contenuti sessantottini: «La parola premio racchiude in sé un significato implicito e mediatico con l’immagine dei docenti non premiati che subirebbe un pesante vulnus agli occhi delle famiglie». Insomma, gli insegnanti non hanno dubbi: «Si tratta di un tentativo di frantumare la categoria, mettendo gli uni contro gli altri: non siamo una merce».

Dario Pallotta

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