Casa Studente, gli imputati si ribellano

Depositato il ricorso in Appello: «Non ci stiamo a fare da capri espiatori, i restauri furono estranei al crollo del palazzo»

L’AQUILA. I tre tecnici condannati a 4 anni di reclusione per il Crollo della Casa dello studente, edificio nel quale fecero i restauri, non ci stanno ad accettare quel verdetto e tramite gli avvocati Mercurio e Domenico Galasso hanno presentato pochi giorni fa un dettagliato ricorso finalizzato a demolire la motivazione della sentenza di primo grado in vista del processo di appello del 22 aprile. In quel crollo morirono 8 giovani e altrettanti rimasero gravemente feriti. Berardino Pace, Pietro Centofanti e Tancredi Rossicone furono progettisti ed esecutori di quei restauri fatti nel 1999 in quel palazzo realizzato (assai male) nel 1965 da persone decedute o non imputabili.

Nella vicenda è imputato anche il funzionario Adsu Pietro Sebastiani che ha una posizione molto diversa e che fu condannato a due anni e mezzo sempre per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose. Anch’egli, ovviamente, ha presentato ricorso.

Tutto lascia presumere che in aula sarà battaglia. «Nella motivazione della sentenza», dicono imputati e legali, «si ravvisano fatti e circostanze riportati per errore come veri ma storicamente mai accaduti e altri considerati elementi acquisiti agli atti ma palesemente inveritieri».

Il nocciolo del ricorso è forse questo. «Era lecito ritenere risolto il problema della responsabilità», si legge nel ricorso, «semplicemente riportando il parere della professoressa Mulas quando dice che “si può pertanto affermare che le modifiche apportate negli interventi di ristrutturazione non sono da ritenersi concause determinanti del crollo”». Insomma non ci sarebbe il nesso di causalità tra i restauri e il crollo. La Mulas, va precisato, è stata la consulente del giudice Giuseppe Grieco e la sua perizia è stata il perno del processo. La causa principale del crollo, come si dice nel ricorso, è sempre stata l’insufficiente resistenza delle forze orizzontali dei pilastri del corpo Nord.

La difesa contesta anche un altro punto. «Per la tipologia dei lavori progettati e diretti», si sostiene, «non vi era alcuna norma che imponesse la verifica dell’idoneità sismica del palazzo già esistente portante in cemento armato. Nemmeno avevano avuto incarico in tal senso. L’edificio già da 20 anni era destinato e adibito a casa dello studente». Il collaudo, al riguardo, sarebbe spettato al committente ma non agli esecutori. Sempre a detta della difesa, la realizzazione in occasione dei restauri della «parete rei», ovvero resistente al fuoco, secondo la perita giammai avrebbe determinato o concorso a determinare il crollo.

«Quanto alla consistenza dei lavori affidati ai tre tecnici», si legge nel ricorso, «si assume nella motivazione che il palazzo sarebbe stato in tutto e per tutto modificato restando identico a quello originario solo per ciò che attiene alle componenti statiche e, quanto alla conformazione interna sarebbe stata stravolta. Ma sono asserzioni che non trovano rispondenza nella realtà e neppure un minimo avallo nella perizia della Mulas». Ci sono nuovi motivi di appello: è stato chiesto di acquisire agli atti i risultati degli accertamenti tecnico-scientifico, espletati mediante simulazioni di calcolo del comportamento del palazzo sotto l’azione sismica corrispondente alla scossa principale del 6 aprile 2009, adottando gli stessi parametri ricavati dall’indagine del procedimento di primo grado. Il tutto per dimostrare «che la struttura, per come progettata, sarebbe comunque crollata al di là dei restauri».

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