Cavalieri: manca un piano sulla rinascita

Il docente: chi ha potere è reticente e generico sulle proposte

 L'AQUILA. Il professor Walter Cavalieri di Policentrica, in una nota plaude a una presa di posizione sulla ricostruzione del collega Alessandro Clementi e svolge altre considerazioni. «Nel suo originale intervento sulle pagine di questo giornale», scrive, «Clementi proponeva misure necessarie per accelerare la ricostruzione e concludeva lamentando soprattutto la mancanza di una idea generale di quella che dovrebbe essere L'Aquila del dopo-sisma. Per la verità da tempo il professore sollecita "i decisori" ad inquadrare le priorità dei loro interventi all'interno di una visione complessiva rispettosa del nostro passato ma proiettata verso il futuro, senza la quale ogni azione potrebbe rivelarsi slegata rispetto alle altre, improvvisata o dettata da interessi particolari. Da 3 anni, dunque, si avverte l'esigenza di un quadro progettuale di carattere urbanistico, economico e sociale capace di dare senso alle nostre speranze di poter, se non rivedere, almeno immaginare una città ricostruita e migliorata in tutti i suoi aspetti». «Le domande che non si possono eludere» aggiunge «sono le seguenti: qual è il futuro dell'Aquila come effettivo capoluogo di regione? Quali le sue vocazioni economiche? Quale il ruolo del suo centro storico? Quale il ruolo del suo territorio ormai trasformato? Quale il rapporto con il contesto ambientale? Da tempo l'università, i comitati cittadini, le associazioni, le categorie professionali e tante altre realtà che hanno a cuore i destini della città hanno fornito alcune risposte. E da molte parti si invoca lo studio di un nuovo piano regolatore generale che ponga le basi di una corretta gestione della ricostruzione. Sorprende invece che chi avrebbe il dovere di confrontarsi sulle proposte e di tentarne una sintesi, si mostri reticente a farlo, insistendo in una condotta arrogante e pressappochista. Mi riferisco a chi, avendo il potere di non ascoltare nessuno, commissiona masterplan parziali e pasticciati, costruisce muri al posto di rotatorie, cementifica piazza d'Armi, illumina le funivie, localizza teatri dove non servono, riapre pezzi di zona rossa per poi limitarne la fruizione o decide di riportare tutti gli uffici pubblici al centro. E non è senza fondamento il timore che in corrispondenza della prossima campagna elettorale si cerchino nuovi conigli da estrarre dal cilindro, magari con colpi ad effetto in grado di suggestionare l'elettore meno attrezzato (un nuovo stadio, un aeroporto funzionante o una ovovia per Roio?). Nelle condizioni date, un'amministrazione che si rispetti avrebbe forse dovuto indire da tempo una conferenza cittadina su un nuovo piano strategico o dotarsi subito di nuovi strumenti di partecipazione democratica come un urban center o simili. Il fatto che tutto ciò non sia stato neanche ragionevolmente tentato autorizza il sospetto che, al di là degli interventi caotici e che hanno trasformato la città in una specie di far west, esistano da qualche parte uno o più progetti complessivi tenuti riservati perché essenzialmente contrari all'interesse comune. L'unico modo di fugare i dubbi sarebbe la disponibilità ad affrontare una sfida culturale che non ha eguali nella storia recente della comunità. Altrimenti sarebbe bene che chi ha paura di confrontarsi con le idee si faccia da parte prima che sia troppo tardi».