Censimento, ecco i dati

Hanno consegnato i moduli 12.300 famiglie.

L’AQUILA. Le operazioni si sono concluse ieri sera. Dai dati forniti dalla Protezione civile che, insieme al Comune dell’Aquila, ha promosso il censimento per l’individuazione del fabbisogno abitativo di chi ha avuto la casa distrutta dal terremoto, i moduli protocollati sono stati 12.300. Ma all’appello mancano quelli spediti per raccomandata, probabilmente un migliaio. Iniziato il primo agosto, il censimento si è svolto nelle tendopoli (46 quelle individuate dalla Protezione civile che ha operato con l’ausilio di eserciti e carabinieri), nei Centri operativi misti (Com), in quelli intercomunali (Coi) presenti a Montesilvano, Giulianova, Lanciano e Ortona, nelle sedi del Comune dell’Aquila e nelle postazioni mobili allestite dalla stessa Protezione civile in città. Tanti «sportelli» aperti per dare la possibilità a tutti coloro le cui case sono state classificate E, F - o sono situate nelle cosiddette «zone rosse» - di poter «segnalare» le proprie esigenze abitative.

Tre le opzioni possibili per i terremotati rimasti senza tetto: l’abitazione del progetto Case, l’appartamento in fitto a spese dello Stato - da reperire nel comune dell’Aquila o in quelli limitrofi - e l’autonoma sistemazione. Ai cittadini è stato chiesto anche di indicare l’ordine di preferenza relativamente alle 19 aree scelte, nell’ambito del territorio comunale, per la costruzione degli alloggi antisismici previsti dal Governo. Un modo per ottenere la fotografia esatta delle situazione in cui si trovano gli sfollati e avere un quadro preciso sulle preferenze abitative provvisorie in attesa della ricostruzione delle case distrutte dal sisma. «Prevediamo di toccare quota 13 mila» afferma la dottoressa Luisa Franchina, del Dipartimento di Protezione civile, che si sta occupando del censimento, «poiché devono ancora arrivare le dichiarazioni spedite con raccomandata». Dalle dichiarazioni consegnate in questi dieci giorni si evince che il numero delle persone rimaste senza casa e che hanno quindi bisogno di una soluzione «tampone» dovrebbe oscillare intorno a 40 mila.

Tanto più che diverse sembrano le dichiarazioni che includono più nuclei familiari. Cosa questa prevista dallo stesso censimento, laddove si chiedeva di indicare la «possibile» coabitazione di più nuclei familiari. «L’obiettivo» ripete Franchina, «è quello di avere una fotografia chiara del numero e delle esigenze dei cittadini, in modo da distribuire al meglio le persone e cercare di rispettare le priorità indicate dagli stessi abitanti». Una volta che tutti i dati del censimento saranno stati analizzati, verranno individuati dal Dipartimento - d’intesa con il Comune dell’Aquila - i criteri di assegnazione degli alloggi. Ma le case antisismiche in costruzione potranno accogliere solo 13-15 mila persone. Ieri, ultima giornata del censimento, sono state 1.100 le dichiarazioni riconsegnate. Complessivamente, le persone assistite dal personale impiegato in questo servizio sono state 15 mila.

Quattordicimila, invece, le chiamate al call center (mille solo nella giornata di ieri) attivato per fornire tutte le possibili spiegazioni ai cittadini. Circa trecento le persone messe in campo dalla Protezione civile, 250 delle quali utilizzate per l’assistenza alla popolazione e venti al caricamento dei dati sul computer. Nelle tendopoli il servizio è stato svolto con l’ausilio dell’esercito. Tornando sui numeri, sono circa un centinaio le dichiarazioni riconsegnate senza firma. Le persone in questione saranno ricontattate oggi dagli operatori di Linea Amica Abruzzo e invitate a firmare. Dati che la Protezione civile sta via via elaborando per capire come risolvere il problema degli alloggi che difficilmente potranno bastare a soddisfare tutte le esigenze di una città così gravemente danneggiata in quella notte del sei aprile.

E’ di questa opinione il sindaco Massimo Cialente che, in attesa di avere il quadro delle richieste emerse dal censimento, si dice preoccupato anche per la situazione di quei nuclei familiari che dovranno combattere con tempi di ristrutturazione, per le case B e C, che si annunciano piuttosto lunghi. Il tutto con lo sguardo rivolto alle tendopoli che entro settembre dovranno essere chiuse. Così, l’emergenza sembra tutt’altro che risolta visto che all’appello mancano molti alloggi. «Tra qualche ora» afferma il sindaco Cialente «avremo i primi dati del censimento. Solo allora, vedendo il numero delle richieste per ognuna delle tre opzioni indicate, potremo capire come muoverci. Il tutto sapendo che da una prima ricognizione sembrano esserci sul mercato solo un migliaio di case agibili libere, e forse anche meno. Le altre, quelle che fino al 6 aprile costituivano quell’ampio patrimonio immobiliare invenduto o sfitto, avranno bisogno di ritocchi o interventi più consistenti».

Secondo il primo cittadino, che alcuni giorni fa si era detto molto preoccupato per la carenza di case prevedendo problemi per la sistemazione di almeno cinquemila famiglie, bisognerà pensare a soluzioni alternative da applicare soprattutto alle frazioni. «Sono sempre più convinto che la nostra città verrà salvata dal contado, rimasto caposaldo anche in questa tragedia, del tessuto sociale. Lì la gente non si è voluta staccare. Lo abbiamo visto anche con le tendopoli. E quel tessuto» aggiunge «non va alterato in nessun modo. Stiamo pensando alla possibilità di realizzare delle case mobili, confortevoli al pari di quelle antisismiche in costruzione. La parola d’ordine e che nessuno resti senza casa.

E non parlo solo di chi ha le lettere E o F. Credo che bisognerà far accettare anche un periodo di pendolarismo lungo. Non sarà facile, ma stiamo valutando via via proposte e soluzioni». Intanto, sono ancora pochissimi i contratti di affitto, a spese dello Stato, sottoscritti al Comune. Finora se ne contano appena 160, mentre cresce l’allarme per le speculazioni. Al punto da spingere l’assessore Luca D’Innocenzo a usare toni durissimi e a promettere controlli rigorosi ed esposti alla magistratura nei confronti di chi chiede prezzi altissimi ai terremotati rimasti senza casa.