Centro antiviolenza: 30 le donne assistite

Un fenomeno in aumento che non conosce distinzioni sociali o anagrafiche La residenza protetta ospita per lo più vittime di maltrattamenti in famiglia

SULMONA. Sono più di 300 dal 2004 ad oggi le donne seguite dal centro antiviolenza “La libellula” e dalla residenza protetta “La casa delle donne”. Un dato che stride con la festa dell’otto marzo, anche alla luce delle 31 nuove segnalazioni ricevute nel 2015, di cui 30 prese in carico. In particolare, dall’attivazione del centro antiviolenza nel 2008 sono state prese in carico 203 donne; dall’apertura della residenza protetta nel 2004 sono arrivate 119 richieste di ingresso di donne sole o con figli; dal 2005 ad oggi sono stati ospitati nella struttura 32 donne e 37 minori. Alla base dell’aumento dei casi di violenza di genere c’è sicuramente un crescente malcontento sociale legato alla crisi economica, ma è innegabile la maggiore consapevolezza delle donne, oltre che la conoscenza più diffusa delle strutture. Loro sono amiche, mogli, compagne, fidanzate, o ex.

Ma anche mamme, figlie o nipoti. Professioniste, casalinghe, studentesse o operaie. Italiane o straniere. Vittime di padri, mariti o fidanzati. Perché non conosce distinzioni sociali, anagrafiche e geografiche la violenza di genere, con donne sottoposte ad ogni tipo di sopruso. «I casi sono in aumento perché c’è una maggiore consapevolezza delle donne a denunciare e una maggiore conoscenza delle nostre attività e di cosa fare», spiega Laura Di Nicola, coordinatrice delle strutture.

L’età media delle donne che si sono rivolte nei centri della zona è di 35 anni, la più giovane ha 18 anni e la più grande 58. L’85% è di nazionalità italiana, mentre il 15 è straniera. Il 70% risiede tra Sulmona e i comuni limitrofi; l’11 dall’Alto Sangro, la parte restante da altre realtà abruzzesi, ma fuori provincia. Il 33% delle donne ha la licenza media, il 52 il diploma superiore e il 15 la laurea. Il 47% non svolge alcuna attività lavorativa, il 19 lavora senza un regolare contratto, mentre solo il 30 ha un’attività lavorativa stabile e il 4% studia ancora. Nell’ 84% dei casi l’autore della violenza è il partner o l’ex; nell’8% dei casi è un familiare o un conoscente della vittima.

Tutti i figli delle donne prese in carico hanno assistito o assistono alle violenze subite dalle madri e nel 30 per cento dei casi sono stati anche vittime di violenza diretta.

Federica Pantano

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