Cialente: la città deve reagire come allora

3 Febbraio 2013

Per il sindaco il ricordo di quel dolore dovrà spingere tutti a velocizzare i tempi della ricostruzione

L’AQUILA. «Spero che ricordando quel dolore e quei morti, la città sappia qualitativamente reagire come allora solo che in tempi molto più rapidi, a partire dal 2013». Così il sindaco Massimo Cialente ha commentato la ricorrenza del terremoto del 2 febbraio del 1703, a 310 anni dal tragico sisma che rase al suolo il capoluogo facendo circa seimila vittime, di cui 2500 all’Aquila e gli altri nel territorio limitrofo. «Rispetto a quello che era un ricordo che ogni anno passava un po’ sfumato nel tempo dopo la scossa del 2009», ha continuato, «è diventata ricorrenza più sentita. Alla luce dei 310 anni è ancora più viva». Allora la scossa arrivò intorno a mezzogiorno con una magnitudo di 6,7. Anche in quella circostanza il terremoto fu introdotto da uno sciame sismico che cominciò a interessare gran parte dell’Abruzzo aquilano e dopo alcune settimane di quiete, la forte scossa del 14 gennaio 1703 nella zona tra Amatrice e Montereale fu solo il drammatico anticipo, il più forte mai registrato, di quello che sarebbe poi accaduto. Il bilancio a Montereale fu di oltre 800 morti, con moltissimi crolli anche in tanti paesi del Reatino. Ma quell’avvenimento non risparmiò neppure allora L’Aquila che riportò gravi segni di lesioni in molte case, chiese, palazzi. A poche settimane da quel giorno, il crollo delle torri campanarie delle chiese di Santa Maria di Roio e di San Pietro a Coppito segnarono l’inizio del terrore. Era il giorno della purificazione di Maria e i fedeli erano riuniti per celebrare il sacro rito della Candelora. Molti in preghiera nella chiesa di San Domenico. Poco prima di mezzogiorno, o durante il momento della comunione, il tetto crollò seppellendo i presenti. Della basilica di San Bernardino rimase poco in piedi, ma anche le chiese di San Massimo, San Filippo, San Francesco e Sant’Agostino riportarono gravi danni.

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