Corte dei Conti bacchetta medici e amministratori

Nel mirino le visite intramoenia svolte fuori dalle strutture sanitarie pubbliche Il procuratore Leoni: «Gestione non corretta degli alloggi post-terremoto»

L’AQUILA. Politici dalle mani bucate (non coi soldi loro, ma con quelli pubblici), ma anche medici che visitano intramoenia nel loro studio privato. E ancora, funzionari pubblici che dell’auto di servizio fanno un uso «improprio». Oppure, amministratori locali che pagano due volte un’impresa per gli stessi lavori. Nell’austera e bianchissima aula dell’ex convento (poi divenuto carcere) di San Domenico, con l’arcivescovo Giuseppe Petrocchi in prima fila, va in onda un florilegio di peccati senza assoluzione, enumerati dalla durissima relazione – che suona quasi come una requisitoria – pronunciata dal procuratore regionale facente funzioni della Corte dei Conti Roberto Leoni che a pagina 9 scrive: «Questa riflessione non presume alcun intento monitorio».

LE BORDATE. Nella relazione – declamata dopo quella, più «ecumenica», scritta dal presidente Luciano Calamaro (promosso ad altro incarico) e pronunciata da Federico Pepe, ce n’è davvero per tutti. Per i medici furbi e per l’Asl che non controlla, o peggio è connivente, per le spese pazze dei consiglieri regionali, fino al malcostume dei debiti fuori bilancio riconosciuti dagli enti territoriali che rappresentano «circa un terzo dell’insieme delle istruttorie esistenti in Procura». Per non parlare delle spese per i contenziosi e i commissariamenti e del mancato accertamento di entrate. Insomma, un quadro a tinte fosche, pronunciato davanti a una platea di sindaci, assessori, direttori generali di Asl (tra i quali l’aquilano Giancarlo Silveri e il pescarese Claudio D’Amario), presidenti di Provincia in scadenza o scaduti che forse, per un attimo, si saranno chiesti ma chi me l’ha fatto fare?

MEDICI PIETOSI. Crescono, dice il procuratore, le segnalazioni di Finanza e Nas sui medici «dipendenti pubblici in regime di esclusiva, che risultano aver richiesto autorizzazione – assentita dall’azienda sanitaria datrice di lavoro con atto formale o, semplicemente ignorata – a svolgere l’attività libero professionale cosiddetta intra moenia che però, con singolare ossimoro lessicale, è stata per un certo tempo ammessa allo svolgimento anche al di fuori delle strutture aziendali, fermi gli obblighi d’ordine amministrativo e patrimoniale (riversamento d’una quota alla datrice di lavoro) gravanti sul medico esercente». Sono stati così accertati casi di medici che hanno violato i limiti che il rapporto esclusivo con l’azienda pubblica imponeva loro. «La gravità del fenomeno», dice Leoni, «a parte gli aspetti etici della categoria professionale di cui si tratta, è insita sia nella perdita patrimoniale a discapito del sistema pubblico sia nell’osservazione che quasi mai le segnalazioni provengono dalla stessa azienda danneggiata». Il che mostra «l’inefficacia dei controlli interni, a non voler presumere l’esistenza di forme di tolleranza connivente, o peggio di complicità interna».

SFRATTI MANCATI. La Procura ribadisce la sua linea sulla gestione dei morosi del Progetto Case da parte del Comune. «Una corretta gestione avrebbe determinato consistenti risparmi sull’erogazione del contributo di autonoma sistemazione erogato a quei nuclei che avrebbero potuto essere ammessi all’assegnazione di un’abitazione nei complessi appositamente edificati, in sostituzione dei nuclei morosi decaduti». Chiusura con Aristotele e l’Etica Nicomachea: «Chi ha scritto la nuova legge sulla responsabilità civile dei magistrati non l’ha letta».

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