Crac Edimo, a rischio le 156 aziende dell’indotto

Appello alle istituzioni: subito un’operazione di salvataggio del gruppo Taddei altrimenti si scatenerà un effetto domino con la perdita di 1500 posti di lavoro

L’AQUILA. «Il più grande disastro economico post-sisma». Sono ben 156 le aziende che fanno parte dell’indotto del gruppo Edimo, con il coinvolgimento di circa 1500 lavoratori. Dopo il fallimento della holding della famiglia Taddei, tutte le imprese legate a doppio filo con la Edimo rischiano di andare in default e lanciano un appello accorato alle istituzioni: «Oggi il gruppo va aiutato», scrivono alcuni fornitori, «senza se e senza ma, lasciandolo lavorare senza pensare agli ammortizzatori sociali. Occorre capire che, se questa grande azienda viene fermata, si scatenerà un effetto domino sull’indotto che lavora da anni con il gruppo».

Tra i fornitori figurano le imprese Ciancarella Luciano, Aquilana Calcestruzzi, Cicolani Enzo, Aquilaprem, Tmc Impianti, Orsolini, Coedil 99, Mastrangeli Srl, Palmerini, Celi Calcestruzzi, Fiordigigli Srl, Inerti Aquilana, Centi&Cecala, Di Sibio Combustibili, Aquilav, Staffetti. «La ricaduta sarebbe la fine della nostra città», sottolineano, «poiché sarebbero coinvolti più di 1500 lavoratori: elettricisti, idraulici, carpentieri, officine, gommisti, fornitori di cemento e materiale edile, prodotti per edilizia e termoidraulica, noleggiatori di mezzi, ristoratori, lavanderie, fornitori di legnami, materiali plastici, coibentazioni, materiali in ferro, serramenti, fornitura di carburante e altri ancora. La nostra città ormai vive con un nucleo industriale che è un cimitero dopo la chiusura delle più grandi aziende: Otefal, Carteco, Wood Albertani, Becker Polveri, Forex. La ricostruzione è lenta, ma è anche l’unica speranza che ci resta per non continuare a perdere i nostri ragazzi, che ormai vanno via e scelgono di emigrare per una santa ragione, la mancanza di lavoro. Adesso siamo tutti fermi, bloccati. Che cosa dobbiamo fare? Tocca a voi istituzioni rispondere e dare certezze. Vedremo se avrete la forza di aiutare non un’azienda, ma una più altre 156 e stoppare la fine di questa città».

La conclusione è amara: «Per 50mila euro buttiamo giù dalla torre aziende che pagano 1,5 milioni di euro ogni mese solo per le spese. Salviamo la Edimo e tutti noi salveremo questa città». Intanto la Uilm, che ha contattato l’Inps, chiarisce che la cassa integrazione straordinaria dei dipendenti della Edimo spa è stata interrotta già dal 19 febbraio, giorno in cui è stato dichiarato il fallimento: «Servono risposte immediate, dalla politica e dal curatore fallimentare», dice Clara Ciuca, «perché ci sono 112 lavoratori che vantano stipendi arretrati e che non hanno più alcuna certezza di avere un qualsiasi reddito per far vivere le famiglie».

Romana Scopano

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